È il nome che ritorna con più costanza in queste ore, come un grido di battaglia o forse solo di speranza. Se ce la fece quel Napoli dell’89, forse può farcela anche questo suo parente, trent’anni dopo. Il nome che rimbalza da social a social, da bocca a bocca, è quello di Alessandro Renica. Eroe, quasi per caso.
Scenario: quarti finale di Coppa Uefa, il Napoli ha perso 2-0 al Comunale di Torino contro la Juve. Al ritorno serve un miracolo per un San Paolo clamorosamente imbandito a festa. Arriva già dopo 45′: Maradona, poi Carnevale. L’equilibro dirotta tutti verso i supplementari e lì, quando tutti pensano all’epilogo ai rigori, sbuca Renica. Rimpallo, goal, San Paolo che crolla e una corsa a perdifiato. Quel Napoli riuscì nell’impresa, poi vinse la coppa. Quello di Ancelotti spera di emularlo. E quello di Renica, oggi, è un nome-amuleto per la tifoseria, un appiglio per crederci ancora. Alessandro Renica, che oggi di mestiere fa l’allenatore, è intervenuto ai nostri taccuini:
Arsenal-Napoli termina 2-0: gli azzurri devono credere alla rimonta?
“È il minimo. Purtroppo la partita di ieri è stata molto deludente, ha lasciato qualche dubbio di troppo. L’Arsenal ha avuto troppe occasioni. Come rimontare? Non c’è una ricetta, posso solo dire che i calciatori dovranno dare tutto, Ancelotti deve prepararla bene, stare attento alle ripartenze dell’Arsenal, dovranno essere ben orchestrate le coperture preventive”.
Quanto può influire il San Paolo e quanto influì in quella sera dell’89?
“Tantissimo. Può influire, ma non so se ci sarà quel clima, se la partita non parte. Mi auguro che chi ama il Napoli faccia di tutto per ricreare quel clima che vivemmo noi quella sera. Non vorrei che se ci fosse un inizio difficoltoso qualcuno iniziasse a rumoreggiare. Mi auguro che i tifosi dimostrino maturità e sostengano la squadra fino alla fine. Ce la si può fare, anche perché l’Arsenal in difesa non è irresistibile. Se il Napoli prende la serata giusta, con gli attaccanti che ha può fare parecchi goal”.
Le emozioni si sprecarono.
“A fine partita furono attimi di grande felicità, sono quei momenti della vita in cui sei davvero felice. Se uno ci pensa dopo è così, in quel momento ero felice. Poi però bisogna pensare alle partite successive, non potevamo vivere di rendita. Nel calcio non si vive mai di rendita. Subito dopo pensavamo al campionato, eravamo in ballo con l’Inter, ci credevamo. Quella squadra era in grado di fare qualsiasi cosa, era il nostro ciclo, quella squadra poteva vincere di più. Poi pensammo alla semifinale, andò bene perché eravamo tanto forti. Non si scherzava, abbiamo vinto meno di quello che avremmo potuto vincere, anche se Bianchi non è d’accordo“.
Senza Europa League, come si valuta la stagione di Ancelotti?
“La stagione è sufficiente, ho massimo rispetto di Ancelotti. Nel calcio però non si può vivere di rendita, il calcio ha le sue regole e le sue regole sono anche i risultati”.
Intervista a cura di Vittorio Perrone
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Articolo modificato 12 Apr 2019 - 19:35