Si sta tenendo questa mattina presso la “Sala Azzurra” dell’Università Federico II, nella sede di Monte Sant’Angelo dell’Ateneo l’utimo atto dell’evento Football Leader 2019, che si chiude con il dibattito dell’AIAC – Associazione Italiana Allenatori Calcio – presentato con il titolo “Razzismo e discriminazioni nel calcio, protagonisti a confronto”. Presenti come ospiti: Gianpaolo Calvarese, il presidente dell’Aiac Renzo Ulivieri, l’ex difensore Aldair, il Rettore Trombetti e il sociologo Brancato.
Sul tema del razzismo è intervenuto Ulivieri: “Non sono molto sereno su questo tema, ho molta paura perché non è una questione che riguarda solo lo stadio ma generale. Si parla di razzismo nello sport, ma è un riflesso di quanto accade fuori dal mondo de l calcio. Bisogna scegliere in quale mondo si vuole vivere, allora soltanto dopo si può trovare una soluzione. In giro si sente dire ‘prima gli italiani’, ma bisogna dire ‘prima l’uomo’ che ha tutto un altro significato.“
Ecco quanto riportato invece dal discorso tenuto da Calvarese: “Bisogna cercare di capire cosa dicono le norme federali. L’articolo 62, modificato da inizio gennaio ha dato una stretta sul tema del razzismo che può essere battuto solo con un appoggio sistemico. Noi abbiamo bisogno della collaborazione di tutti gli attori del mondo del calcio. Il primo passaggio da poter compiere era far fare un annuncio allo stadio per eliminare tutto quello che poteva dare fastidio alla competizione. CONTINUA A LEGGERE
Anche Paolo de Paola ha detto la sua: “Personalmente ho diretto i tre principali quotidiani sportivi italiani, ho vissuto il periodo di Maradona e del Napoli. Il razzismo è una ideologia, che è differente dalla discriminazione. Nello stadio non è vero che si manifestano le pulsioni peggiori dell’uomo, anche in uno stadio si può essere educati”.
La palla passa all’ex calciatore Aldair, da sempre particolarmente sensibile al tema del razzismo nel mondo del calcio, oltre ad essere un sostenitore della campagna anti-razzista di Koulibaly: “Il tema del razzismo è delicato, il calcio lo soffre da sempre. Ho giocato oltre dieci anni in Italia, è chiaro che su alcuni campi c’erano atteggiamenti particolari. Parlavo con Cafù e Marcos Assuncao per stemperare la tensione. Nella mia vita ho pensato a concentrarmi sul gioco senza badare a questo tipo di interferenze”.
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Articolo modificato 5 Giu 2019 - 13:44