Con la voce rotta dall’emozione è difficile riconoscerli. Loro che sembrano così diversi, due mondi così lontani eppur incrociati. Si riconoscono in un unico comun denominatore: Napoli. L’euforico Dries, l’espansivo, sempre con il sorriso come accessorio. Callejon il serio, l’implacabile stacanovista. La voce è rotta perché Josè e Ciro, in un video che ha commosso tutti, stanno intonando O’ Surdato ‘Nnammurato, che per qualcuno qui è più che un inno. L’ultima canzone con una didascalia che sui social sapeva tanto d’addio: a fine stagione, Mertens e Callejon potrebbero davvero salutare Napoli.
Lì saranno lacrime. Un po’ per tutti, a dire il vero, per chi qua il cuore lo lascia davvero e per chi, invece, l’aveva identificato in Ciro e José. Che poi sarebbe Giusé, Peppe, a voler trovare anche per lui un nome partenopeo.
Sarà probabilmente addio, sei anni dopo: “e ora?”, si chiederanno con la valigia in mano. Sei anni di affetto non si dimenticano: più che una casa, Napoli, un pezzo della propria identità. Di uomo, prima che di calciatore.
Che Lazio-Napoli, 24 maggio 2020, sia davvero l’ultimo acuto di Mertens e Callejon con la maglia azzurra cucita addosso? Il Napoli perderà due leader, ma forse è meglio così. C’è sempre un momento adatto per salutarsi, lasciando la porta un tantino aperta. Uno spiffero, per far sapere che qui – a Napoli e al Napoli – sarà sempre casa. Ci sarà sempre e soprattutto il passato, i ricordi più belli che entrambi conserveranno.
Un ricordo su tutti, l’ultimo acuto che entrambi sentono di voler e volersi regalare. Quello scudetto così accarezzato e sfiorato: sarebbe un rimpianto troppo grande andarsene senza esserselo cucito sul petto. Perché insieme contano oltre 1100 presenze e 340 reti, perché di trofei ne hanno vinti solo due e l’ultimo senza brillare (fatale per loro la lotteria dei rigori a Doha), perché due stagioni fa erano i primi a crederci e gli ultimi a mollare. Quel sogno si era interrotto come un vaso di cristallo in frantumi. I cocci e le schegge ancora lacerano. È per questo che, moralmente più che professionalmente, c’è un lavoro da portare a termine, un cerchio da chiudere. È per questo che Mertens ha alzato la voce chiedendo rinforzi.
La loro utilità e devozione alla causa è nota. Callejon si sta reinventando in ogni dove, alla veneranda età di 32 anni, quando le certezze calcistiche sembrano ormai inscalfibili. E invece eccolo lì, in mediana, dopo aver fatto il terzino e il centravanti in passato. Sempreverde, inossidabile.
Daranno il 200%, fino alla fine. Hanno chiesto una mano alla società, probabilmente l’avranno. D’altronde un’impresa del genere richiede l’apporto di tutti. Soprattutto di un veterano all’alba del suo ultimo anno. E se la meta dovesse essere raggiunta, arriverebbe il momento di festeggiare davvero. E cantare ancora, e innamorarsi un’ultima volta della squadra, della maglia, della città.
Un ultimo acuto, un ultimo sforzo, un’ultima impresa. Per scrivere un pezzetto di storia. E poi andarsene, salutarsi, voltandosi ogni tanto indietro, consapevoli di essere diventati immortali.
Articolo modificato 7 Ago 2019 - 00:40