Koulibaly Genk
Dall’urna di Montecarlo, direzione Napoli, qualcuno avrà sorriso. C’è il Genk, ad alleggerire la tensione di uno spauracchio come il Liverpool. D’altronde la ferita inferta dai Reds è ancora calda e un’avversaria cuscinetto, o cenerentola come si suole dire, può sempre far comodo. Più per gli umori, almeno per ora. A parlare, poi, sarà il campo.
E il campo, il modo di fare calcio, finora ha sempre parlato bene del Genk. Le big d’Europa neppure lo sanno, ma mentre coccolano alcuni dei propri gioielli più preziosi, un ringraziamento lo dovrebbero rivolgere proprio a questa piccola anonima squadra belga. Anonima fino ad un certo punto, perché è una presenza fissa in Europa League e ora si affaccia in Champions. Con Napoli, Liverpool e Salisburgo per esibire i propri gioielli e cercare il colpo grosso.
Questo post in breve
Di gioielli, in questi anni, da questa miniera d’oro ne sono usciti non pochi: leader della truppa Kalidou Koulibaly. Come? Lui? Sì, proprio lui. Preso dal Metz per 1,2 milioni, rivenduto a 8 al Napoli, valore attualmente inestimabile. Al momento della trattativa con il Napoli, vi fu un disguido sulla sua altezza raccontato proprio da Koulibaly. “Sei 1.86? Non 1.91? Devo farmi dare i soldi indietro dal presidente del Genk”, gli disse – scherzando – De Laurentiis.
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Ora è a Napoli, da leader mondiale, con gli occhi di mezza Europa addosso. Non male, anzi. Anche grazie al Genk. E Kalidou, che sappiamo essere particolarmente emotivo, avrà un guizzo sentimentalista e affettuoso quando tornerà in Belgio.
La fucina di talenti non si ferma qui. Li elenchiamo in ordine sparso: De Bruyne, Courtois, Milinkovic-Savic, Origi, Ferreira-Carrasco. Calciatori, chi in ascesa e chi meno, che hanno detto la loro opinione sul panorama internazionale. Courtois difende i pali del Real, De Bruyne è forse il miglior centrocampista del globo, Milinkovic-Savic è seguito da mezza Europa nella sua Lazio, Origi ha deciso l’ultima finale di Champions. Tutti lì, passati per Genk. Presi, coltivati, coccolati, rivenduti a prezzo d’oro per finanziare un nuovo progetto del medesimo stampo. Lavorare con i giovani, lavorare bene.
Di minor importanza ma neanche troppo, i nomi di Christian Benteke, passato anche per il Liverpool e un tempo astro nascente, di Leon Bailey, ’97 in forza al Leverkusen, di Timothy Castagne dell’Atalanta, di Dennis Praet ex Sampdoria, di Wilfred Ndidi del Leicester, di Christian Kabasele del Watford.
Quanto ci ha guadagnato, il Genk? Tanto, per un club di quella piccola portata:
Giovani, di qualità. Emersi in questa realtà da “provincia europea” e poi salutati. Lavorare con i giovani, in fondo, significa questo: accudirli, crescerli, migliorarli, lavorarci a lungo, consegnarli alla leggenda, salutarli, lasciarli andare verso lidi più prestigiosi. Con la fierezza e la speranza di vederli presto conquistare il mondo. L’ultimo nome da segnare è quello di Sander Berge, centrocampista, classe ’98, nazionale norvegese. Da quelle parti, ricorda Sergej. Chissà perché.
Vittorio Perrone
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Articolo modificato 29 Ago 2019 - 20:21