Un’altra prestazione grigia, solo l’ennesima di una lunga fila. Non tutte le partite di Piotr Zielinski, però, sono state un inno alla noia. No, talvolta Piotr ha mostrato guizzi e qualità degne d’un calciatore superiore. Appunto: talvolta. I picchi più alti sono noti, un po’ come le sue caratteristiche: è ambidestro, ha corsa, una progressione palla al piede invidiabile e un tiro dalla distanza che funziona da arma bianca. Superati i 25, però, il salto di qualità non è ancora arrivato.
I primi anni sotto Sarri gli sono valsi da apprendistato, nel corso ancelottiano le aspettative erano ben altre. Lecito, superato il dualismo con Hamsik, che ad una continuità di apparizioni fosse affiancata una continuità anche nel rendimento. Non solo in zona goal, ma anche in spessore e personalità. Appena 7 goal in 49 presenze le scorso anno, zero nelle prime sette di questa stagione. Media bassa, ma tutto sommato accettabile se contrapposta da altre certezze in mezzo al campo.
No: dopo tre stagioni e poco più, Zielinski ancora non s’è trovato una sua collocazione. E di certo il metodo Ancelotti non aiuta: da play non convince, sulla fascia sinistra, con la possibilità di accentrarsi, va a fasi alterne e da mezzala è costretto ad accompagnare il gioco e partire troppo lontano dalla porta. L’equivoco, però, non è solamente tattico. Che Piotr Zielinski non abbia lo spessore psicologico per diventare un trascinatore ormai sembra più che un dubbio. Nessuno è in grado di entrare nella sua testa, ma l’interrogativo è lecito: troverà mai una vera continuità, diventando un insostituibile a livello mondiale?
Articolo modificato 8 Ott 2019 - 19:40