La sensazione che qualcosa potesse cambiare da un momento all’altro c’era. Arek Milik non è quell’oggetto misterioso che in terra belga disfece quel poco di buono che s’era costruito. No, Arek non è un impedimento. È una risorsa a tutti gli effetti, con le sue doti innate e rare, con quel suo sinistro all’arma bianca, con tutti i suoi difetti messi fin troppo in evidenza. A 25 anni Milik ha già sul groppone, oltre al calvario dei due infortuni, varie piogge di critiche da cui si è sempre difeso con i goal a fargli da ombrello.
Nei tabellini della scorsa stagione il suo nome appare venti volte: miglior marcatore. Da agosto paga ancora una partenza a rilento, polemiche, voci di mercato e i dolori di inizio campionato. Ha impiegato un po’ per alzare il braccio e farsi notare, ci è riuscito in un rischioso pomeriggio di metà ottobre. In un reparto in cui l’abbondanza fa sgomitare tutti per avere una chance, una doppietta è una bel balzo in avanti nelle (mai rigide) gerarchie.
Ma no, non sono due semplici goal, banali e fini a loro stessi, apposti in un tabellino di cui nessuno ricorderà nulla. Il Napoli non brilla, continua a mostrare ingranaggi mal funzionanti e soffre l’intensità di un bel Verona. Genk e Cagliari hanno strappato punti contro una versione persino migliore degli azzurri.
Quello con il Verona, invece, diventa un epinicio solo per un assunto molto semplice: c’è la vittoria, c’è il goal. Pasolini lo definiva il “momento poetico” in una partita di pallone. Il Napoli l’aveva smarrito, l’aveva invocato, sfiorato talvolta e altre volte neppure cercato. In un pomeriggio ha recuperato il feeling con i suoi personalissimi momenti poetici. Ha fatto lo stesso
Perché ha recuperato, soprattutto, un numero nove, sei mesi dopo l’ultima volta (al Chievo). Anti-convenzionale, non purissimo e neppure troppo aggraziato nelle movenze. Nel manifesto dei critici di Milik c’è la sua incapacità a segnare goal da centravanti. Al Verona ne segna due da rapace d’area, attaccando benissimo il primo palo e catalizzando al meglio, con furbizia e voracità, un pallone apparentemente innocuo.
Lui che è ancora un ibrido, con i centimetri e il peso di un centravanti e la testa di una seconda punta, si riscopre nove puro all’occorrenza. Al Napoli serviva un goal, la chiave per sbloccare mentalmente un intero gruppo. Quando succede, si può lavorare più tranquillamente, senza un clima da assedio. Per ora, se lo faccia bastare il Napoli, faccia lo stesso Milik. C’è ancora un intero percorso di miglioramenti da compiere. È appena iniziata una nuova sfida, un nuovo tour de force, un nuovo calendario e il Napoli mostra ancora le sue lacune ormai note. Ma la cosa positiva è che inizia anche un nuovo campionato. Da zero. Per Arek e per tutto il resto del gruppo.
Articolo modificato 19 Ott 2019 - 22:58