C’è molto altro in una partita di calcio, in un’ora e mezza di lotta e agonismo, oltre gli episodi dubbi. Però gli episodi, nei 90’, possono fare la differenza. Bastano due minuti per cambiare l’esito di un’ora e mezza di sfida: strano, no? In Napoli-Atalanta è bastato un turning point di quaranta secondi per rovesciare tutta la dialettica sul racconto della partita: Llorente travolto in area da Kjaer, contropiede Atalanta, pareggio di Ilicic. E giù di polemiche ed espulsioni. Partiamo da un assunto: quello è un rigore gigantesco, per più motivi: Kjaer perde Llorente, volta le spalle al pallone, frana sull’attaccante del Napoli con una mossa da Wrestler. Il 9 azzurro ha il braccio largo, ma avete mai provato a saltare sul pallone con le braccia attaccate al corpo come dei pinguini? Il contatto nasce da Kjaer, dal suo errore in marcatura, dalla sua sciagurata entrata. È rigore, secondo noi come gli esperti. Non secondo Giacomelli e Banti.
L’ex arbitro Luca Marelli scrive: “Il contatto con Kjaer è stato provocato dal difensore stesso che si è mosso verso Llorente disinteressandosi completamente del pallone. Incolpare l’attaccante per il contatto col gomito è senza senso: non ha posto in atto alcuna azione che possa essere interpretata come irregolare.
Se Kjaer non gli fosse andato letteralmente addosso, probabilmente avrebbe potuto deviare il pallone verso la porta. Ovviamente non possiamo sapere l’esito del colpo di testa ma ciò non cambia assolutamente nulla: non è possibile pensare che un difensore si muova all’interno del regolamento se si disinteressa del pallone limitandosi a contrastare fisicamente un avversario. Questo è chiaramente un calcio di rigore”.
Gli fanno eco Pistocchi, Cesari. Il Var non può intervenire, perché si rifugia dietro al concetto di chiaro errore oltre ogni ragionevole dubbio: sembra più una scusante per rendere inattaccabile la classe arbitrale: Nicchi e Rizzoli chiariscano questo concetto. Il Napoli ha i suoi demeriti, sul contropiede successivo (neanche un fallo tattico e difensori scoordinati) come sulle prestazioni opache cui si è abituato recentemente.
Ma gli episodi quanto meno discutibili abbondano, quando c’è in campo la banda di Ancelotti. In Napoli-Atalanta se ne sottolineano altri due, l’entrata da Kung-Fu di Pasalic in ritardo su Callejon e il braccio di Toloi ad anticipare Llorente. Se è vero che il secondo episodio non è da penalty, è anche vero che sul primo c’è qualche dubbio in più. Le immagini non chiariscono se Pasalic colpisca in area o fuori Callejon, la velocità nell’azione non aiuta. È reato chiedere che dalla sala mostrino le immagini in cui si chiarisce questo dubbio?
Sul cartellino: Giacomelli impiega fin troppo per un netto giallo a Pasalic. Se di giallo si tratta: Stepinski, in Verona-Milan, si è visto rifilare un rosso per lo stesso contatto.
Altri due episodi dubbi: Ghoulam steso da Izzo in Toro-Napoli e Llorente abbattuto in Napoli-Cagliari. Episodi netti, rigori quasi solari. Tutti, però, passati in sordina: lì l’ambiente ha preferito bacchettare la squadra, giudicare gli errori di campo piuttosto che badare alle polemiche. Fin quando non è esploso in un boato di disapprovazione: ieri, Napoli si è sentita defraudata.
E la sensazione generale che corre di bocca in bocca e di smartphone in smartphone, è che da queste parti si stia ancora scontando la furbata di Mertens a Firenze. Non per un complottismo anti napoletano che spinge questo popolo a porsi sulla difensiva, quanto per un episodio che ha smascherato le lacune dei direttori di gara italiani. Lì si espose persino Nicchi, ora?
Tra il fallo di mano di Zielinski sempre a Firenze e quello di Vicari in Spal-Napoli perché cambia la valutazione? Nessuno dei due sarebbe stato da assegnare.
Il gesto antisportivo di Mertens, però, ha fatto il giro del mondo: quanto impiegherà ora il Napoli a vedersi concedere un rigore, per quanto sacrosanto?
Quanti punti dovrà perdere per scellerati contropiede, nel frattempo? Quanto dovrà disunirsi per colpa di un episodio e andare a vuoto?
Sono episodi che lasciano motivo di dibattere. Per spazzarli c’è solo il campo. C’è la Roma, sabato. Che il Napoli riparta, si scrolli di dosso tutto e – senza le pressioni della vetta – ricominci a giocare a calcio bene e con continuità.
Vittorio Perrone
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Articolo modificato 31 Ott 2019 - 15:44