Avremmo voluto raccontarla diversamente, questa serata. Sarebbe stata solo una logica transizione di tempo, ma un’attesa che di logico avrebbe avuto ben poco. Ci sarebbe stata l’ansia, ugualmente. Ma una carica positiva, l’adrenalina d’un’impresa da compiere. Ne avremmo fatto parola ovunque e sì, quel risultato avrebbe non poco cambiato l’umore.
Ci avessero detto che in fin dei conti il calcio non è il primo dei problemi, poco ci avremmo creduto. D’altronde ci hanno provato in molti: ci sono cose più importanti. Le stiamo scoprendo ora, privati del calcio e delle altre piccole cose normali che scandiscono il nostro tempo.
Forse stiamo scoprendo altri valori, ci stiamo stringendo in un abbraccio virtuale e stiamo attendendo, sperando, facendo la nostra parte. Stiamo piangendo i nostri concittadini e connazionali, siamo al fianco dei nostri medici. Ci stiamo migliorando, scoprendo, stiamo indurendo la scorza pronti a gonfiare di nuovo il petto. Abbiamo mille altre possibilità secondarie e tanti progetti da riprendere. Intanto siamo grati: milioni di persone ucciderebbero per avere ciò che abbiamo a casa. O solo per avere una casa.
Ma avremmo voluto ugualmente raccontarla in un altro modo, la vigilia di Barcellona-Napoli. Avremmo voluto dislocarci tra Plaça de Catalunya, la Rambla e Napoli, vedere l’onda umana (altro che assembramenti) scortare il pullman degli azzurri a Capodichino, analizzare le parole di Gattuso e Setién e preoccuparci solo delle scelte di formazione.
E poi attendere ancora la partita, sentire quel peso nelle viscere intensificarsi con il passare dei minuti, attendere le gesta dei campioni sul campo di battaglia. La vivremo diversamente, accomunati da un’unica squadra per cui tifare: la vita umana. Il nostro avversario è forte, non gioca in contropiede, ci costringe a difenderci. Bisogna fare squadra, muoversi di reparto. E poi ripartire.
Quell’attesa spasmodica non riguarda più una partita fantasma, in calendario il 18 marzo. Il teatro non è il Camp Nou: oggi è spento e buio. È l’attesa della normalità: ce la riprenderemo, questo è poco ma sicuro. Ci aspetta una battaglia dura, lunga e logorante. Ma una ricompensa di calcio, birre, amici, famiglia, abbracci e viaggi.
Intanto abbiamo capito finalmente una cosa: esistono davvero cose più importanti del calcio.
Vittorio Perrone
Articolo modificato 17 Mar 2020 - 19:50