Cotugno, infermiere guarito dal Coronavirus: “Mi offro volontario per donare il sangue e aiutare con gli anticorpi che ho sviluppato”

A Radio Marte nel corso della trasmissione “Si gonfia la rete” di Raffaele Auriemma è intervenuto Lino Romano, infermiere dell’Ospedale Cotugno di Napoli guarito dal COVID-19. Ecco quanto evidenziato:

Mi sono infettato lavorando al Cotugno, lavoro lì da circa 20 anni. Abbiamo affrontato il picco di petto e a mani nude, è stata una lotta molto dura. Abbiamo visto la sofferenza e la morte con i nostri occhi. Quando mi sono infettato ho guardato il virus in faccia e posso dire quindi averlo affrontato sia sul piano professionale che dal punto di vista del malato.

Per fortuna io non ho avuto sintomi gravi. Lavorando sul campo ho capito subito che i piccoli sintomi potevano essere indice di malattia. Ho passato un mese in ricovero nella mia divisione, sono stato curato dai miei colleghi e da chi mi voleva bene e questo ha reso tutto per quanto possibile più lieto. La paura è stata tanta, inizialmente il virus era un mostro, non sapevamo come affrontarlo. L’appello che faccio ora alla gente è di prestare massima attenzione, perchè questa è una fase cruciale, il picco pare sia passato ma facciamo in modo che non ritorni perché saremo stanchi e decimati.

Il momento più difficile durante questo periodo? Quando eravamo pieni, nella fase del picco. La rianimazione era satura, non sapevamo più come gestire l’emergenza. Nel momento in cui arrivavano i pazienti con la famose polmonite interstiziale eravamo impauriti, sapevamo che sarebbe peggiorato. Lì ci è preso il panico. Per fortuna non abbiamo mai dovuto scegliere tra salvare un paziente o l’altro, ma eravamo davvero in trincea, come fosse un ospedale militare.

In Campania e a Napoli ci sono eccellenze mediche, i numeri lo dimostrano e dicono che abbiamo retto l’urto. Non abbiamo per forza bisogno di andare al nord. Facciamoci curare qui, probabilmente saremo curati nel migliore dei modi.

Mi sono proposto come volontario per donare il sangue e per poter così continuare ad aiutare altre persone anche con gli anticorpi che ho sviluppato“.

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