Terremoto in Irpinia, Claudio Pellegrini – È l’anno 1980. È una domenica sera di fine novembre. Qualcuno sta già pensando come organizzare il pranzo di Natale e quali regali fare ai propri cari. I tifosi di Avellino e Napoli possono essere soddisfatti: gli irpini hanno vinto 4-2 contro l’Ascoli al Partenio, mentre gli azzurri hanno pareggiato 1-1 in casa del Bologna e si sono portati al secondo posto in classifica. Ma da lì a poco la vita di tutta la popolazione campana sta per cambiare definitivamente. E per qualcuno sta per finire proprio in quegli istanti.
Alle ore 19:34 e 53 secondi, una scossa di magnitudo di 6,9 in un minuto e mezzo distrugge case, ospedali, chiese, palazzi, addirittura interi paesini. E spezza la vita di tantissime persone. Troppe persone. Tremila persone.
L’epicentro fu in Irpinia tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania. I danni e i decessi però si contarono in una zona molto ampia che comprendeva oltre cinquecento comuni tra Campania, Basilicata e Puglia.
I giorni successivi alla prima volta che la terra tremò, furono ricchi di ulteriori scosse. Storici furono i titoli de Il Mattino nei tre giorni successivi a quella domenica e resterà nella memoria di tutti noi (anche chi quel terremoto non lo ha vissuto) il “FATE PRESTO” del 26 novembre. L’appello era rivolto alle autorità: bisognava salvare chi era ancora vivo e aiutare chi aveva perso tutto.
Le stime ufficiali dicono di 2.914 morti, 8.814 feriti e oltre 280.000 sfollati. Una tragedia che ha lasciato scorie per diversi anni. Una tragedia che ha distrutto la vita di gran parte della popolazione meridionale del nostro paese. Una tragedia che non deve essere dimenticata. Mai.
In esclusiva per noi di SpazioNapoli ha parlato Claudio Pellegrini, ex attaccante proprio di Napoli e Avellino. In quel 23 novembre del 1980, Pellegrini era impegnato nella partita di campionato Bologna-Napoli e segnò anche il gol che portò gli azzurri al secondo posto in classifica.
Ecco le sue parole.
Lei ha vissuto diversi terremoti molto pericolosi nella sua vita: prima di quello dell’Irpinia del 1980, ci fu quello del Friuli del ‘76 e quello più recente delle Marche nel 2016. Quale dei tre gli ha destato più preoccupazione?
“A Udine fu uno sciame sismico abbastanza evidente, ci prese sotto le docce, al ristorante, di notte. Nelle Marche ho vissuto sia quello di vent’anni fa che quello di quattro anni fa: con i terremoti purtroppo ho un certo feeling (ride, ndr).
Quello che mi ha destato più preoccupazione è stato l’ultimo, quello di quattro anni fa: non ci sono stati morti ma le case sono state completamente distrutte. Anche quello di vent’anni fa fu un’esperienza devastante: ci prese in piena notte e fu uno brutto spavento. In quei momenti, ti senti inerme, non puoi fare niente, una sensazione bruttissima”.
Voi gruppo squadra non eravate in città nel momento esatto della prima scossa del sisma dell’Irpinia perché il 23 novembre del 1980 giocaste a Bologna ed eravate in viaggio verso Napoli. Quella partita finì 1-1, lei segnò e grazie a quella rete arrivaste al secondo posto in classifica. A distanza di 40 anni, ricorda ancora quel gol o tutte le sue memorie sono offuscate da quello che vide al ritorno in città?
“Fu un pomeriggio particolare: la felicità per aver fatto gol e per aver contribuito al buon risultato della squadra, ma ovviamente c’era questa situazione che ci lasciò con il fiato sospeso. Ma ricordo bene quel gol. In fin dei conti noi tornammo a Napoli che era abbastanza tardi, era notte: entrando in città c’era abbastanza movimento, ma l’epicentro era in Irpinia quindi Napoli fu colpita marginalmente. Non ci furono grossi danni, almeno per quanto ricordo io, ci fu solo un grande spavento, mentre lì in Irpinia ci furono tanti morti. Questa è la cosa che ricordo di più”.
Quale fu il vostro stato d’animo, la prima cosa che avete fatto, quando vi diedero la notizia?
“Eravamo appunto di ritorno da Bologna e sul pullman sentimmo alla radio che c’era stata una forte scossa. Eravamo tutti molto preoccupati e a quei tempi non c’erano i cellulari per contattare i nostri cari. Mi ricordo che ci fermammo a mangiare a cena in un ristorante, eravamo con il dottor Resi e il vicepresidente come accompagnatore ufficiale della squadra e proprio lui per rassicurarci ci disse che era riuscito a parlare con casa e gli riferirono che grossi danni a Napoli non c’erano stati. Noi calciatori provavamo a chiamare a casa ma era impossibile perché le linee erano intasate. Ricordo che l’autista del pullman superò i limiti di velocità anche se c’era nebbia perché l’unica preoccupazione era tornare a casa il prima possibile e capire come stessero i nostri familiari”.
Come si passava il tempo in quei giorni ricchi di paura?
“Ci furono diverse scosse nei giorni successivi e mia moglie era anche incinta in quel periodo. Lei era molto preoccupata e spaventata ma fortunatamente la sua gravidanza andò molto bene. Quando ci fu il terremoto, stava ascoltando la partita in radio e si spaventò molto.
I giorni a seguire c’era sempre attenzione. Ricordo che avevo appeso un mazzo di chiavi a un filo che mi faceva da segnale: quando sentivo vibrare le chiavi, significava che stava tremando casa. Si viveva con queste brutte sensazioni che io poi ho rivissuto anni dopo anche nelle Marche.
Noi calciatori andavamo al campo ad allenarci e quindi era anche un modo per stare all’esterno e più riparati. Ma c’era l’apprensione per la nostra famiglia che stava in casa e vivevamo con paure e tensioni che si accumulavano. Il nostro primo pensiero andava alla famiglia più che a noi stessi.
Mi ricordo che fu rinviata la partita con l’Ascoli di domenica e quindi decidemmo di andare al cinema e proprio in quel momento ci fu una forte scossa e uscimmo tutti dalla sala. Questa partita con l’Ascoli poi fu rinviata di mercoledì e c’erano 10-15 mila persone incavolate fuori lo stadio che non potevano entrare perché non c’era più posto: fu una cosa incredibile. Poi vincemmo 1-0 con gol di Oscar Damiani”.
Quella stagione, nonostante ci fossero squadre come Juventus e Roma che erano più attrezzate per la vittoria del campionato, voi sfioraste anche lo scudetto: crede che il terremoto vi abbia dato la carica in più per provare a regalare una grande gioia al popolo napoletano?
“Questa fu una cosa che nacque dentro di noi. Tra calciatori ne parlavamo ma non facemmo nessuna riunione. Sicuramente è scattato qualcosa dentro di noi, c’era questa voglia di dare un qualcosa in più. Il nostro obiettivo, oltre quello della classifica e del risultato, era soprattutto dare ai tifosi due ore di spensieratezza, di entusiasmo. Quella fu una stagione inaspettatamente entusiasmante”.
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Articolo modificato 23 Nov 2020 - 13:00