Napoli-Roma: quando il Derby del Sole era nel segno di Maradona


Il Derby del Sole: così veniva chiamata la sfida tra la compagine partenopea e quella giallorossa che velava un sentimento “anti-nordista”. Nulla di razziale, ovviamente. Tutto meramente racchiuso nel rettangolo verde. Era solo la “rivincita del Sud”, la contrapposizione di due città notoriamente bistrattate, di fronte alla realtà settentrionale che appariva largamente futuristica già all’epoca.

Alla storia il dato è che Roma e Napoli, nel 1927, erano le uniche due squadre a rappresentare l’Italia centrale e meridionale in un campionato colmo di squadre settentrionali. Ciò portò giallorossi e partenopei ad unire le forze sugellando uno spettacolare gemellaggio tra tifoserie.

Da Giordano a Bagni: l’insanabile crepa degli anni ’80

Il gemellaggio giallorossoazzurro negli anni ’80, però, si spezzò. I tifosi giallorossi, non gradirono l’approdo in maglia azzurra della bandiera laziale Bruno Giordano (uno dei tre componenti della storica Ma.Gi.Ca) e quello che alla storia è passato come il gesto dell’ombrello di Salvatore Bagni.

C’è una data a cui tutti attribuiscono l’insanabile crepa: 25 ottobre 1987. All’Olimpico si gioca l’atteso derby ed i giallorossi sono in vantaggio grazie alla rete di Pruzzo. Il Napoli di Maradona – in nove uomini dopo le espulsioni di Renica e Careca – riesce a trovare il pareggio, all’ultimo respiro, grazie alla svettata in area di rigore di Francini, su assist, manco a dirlo, del numero 10.

Al termine del match, Salvatore Bagni si recò sotto la Curva Sud mimando il gesto dell’ombrello. Da quella data in poi, rottura. Il Derby del Sole, diventerà un mini bollettino di guerra, che ha portato, reiteratamente, a vietare la trasferta ai residenti in Campania all’Olimpico ed ai residenti nel Lazio allo Stadio Diego Armando Maradona.

Il timbro di D10S sul derby

Quella contro i giallorossi è una sfida che Diego Armando Maradona, nel suo periodo italiano, ha giocato per dodici volte in campionato. Sul match, D10S, ha apposto cinque firme e tutte le volte che il numero 10 ha timbrato il cartellino, i partenopei, hanno macinato punti.

Ma c’è un altro dato: la presenza di Maradona, anche fuori dal rettangolo verde. Quando ha abbandonato la carriera da giocatore professionista, Diego è sempre stato presente per le sue ex squadre (e non solo).

Affascinato, ormai è noto, dal calore del tifo partenopeo che ha vissuto sulla sua pelle l’ha elevato a divinità, Diego non ha mai perso l’occasione di seguire il suo Napoli, allo stadio, così come da casa.

Il ritorno in Italia di Diego

Il 12 febbraio 2014 il Napoli sfida in casa la Roma, nella semifinale di ritorno di Coppa Italia. Nel corso del primo tempo la rete di José Callejon manda i partenopei negli spogliatoi sul risultato di 1-0.

Poco dopo il fischio d’inizio del secondo tempo, in tribuna cominciano a fare largo gli steward per l’arrivo di Diego Armando Maradona. Mentre tutto lo Stadio intona “Olè Diego” da calcio d’angolo arriva la spizzata di testa di Gonzalo Higuain a sancire il 2-0.

Il boato della rete, però, arriva con un millesimo di secondo di ritardo. Tutto lo stadio era impegnato ad intonare cori per D10S, che stava catturando tutta l’attenzione, e nessuno teneva più d’occhio cosa stava accadendo sul rettangolo verde. Non accadrà lo stesso sul gol del 3-0 di Jorginho, tre minuti dopo la rete di Higuain.

Tuttavia la presenza di Diego Armando Maradona non ha sempre significato massimo rendimento per i giocatori in maglia azzurra che, il 13 ottobre 2013 all’Olimpico, sotto i suoi occhi, subirono i colpi dei giallorossi sotto il segno di Miralem Pjanic (prima su punizione, poi dal dischetto).

Le chiacchiere da bar sull’uomo Diego, possono essere lasciate laddove nascono. Ciò che sempre resterà impresso, nella memoria di compagni e tifosi, è la sua significativa presenza, da calciatore e non. In campo, così come fuori. La voglia di esserci, nonostante tutto.

Perché Diego a Napoli ha trovato una casa; Napoli, in Diego, ha trovato una nuova divinità; e questo vale la pena ricordare, più dei suoi eccessi da comune mortale.

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Matteo Grassi

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