Bastava una vittoria per accorciare le enormi distanze da Milan e Inter, ma il Napoli ancora una volta si dimostra impreparato fallendo un’occasione unica come è suo solito fare. È lo stesso interrogativo che la squadra azzurra si pone da anni senza mai trovare una soluzione al quesito: qual è la sua vera identità? Quali sono i suoi obiettivi?
Inizia il Campionato nel migliore dei modi alludendo a una grande impresa che prende il nome di Scudetto, si riscatta e dà l’impressione che almeno questa volta il vero “rinascimento” sia avvenuto, costruendo una grande muraglia che però si rivela essere fatta di cartone, sfracellandosi davanti all’evidenza. Cade e si rialza, e così via, ripetendola come una vera e propria sequenza nel resto della prima parte di Stagione. Viene punito prima dal Sassuolo poi dal rinomato Milan, seguendo di fila Inter, Lazio, Spezia e Verona. Dieci secondi per far tremare la dinastia Scaligera con Demme per Lozano sul calcio di inizio, el Chuky perpetra il suo crimine e spaventa Silvestri, i mastini non demordono e mostrano la loro caparbietà: cosa che non hanno fatto gli azzurri ormai incapaci di contrattaccare, strappando così un prestigioso biglietto per la lotteria che li conduceva nella terza posizione in classifica limitando le distanze dalle sue avversarie.
Dopo la sesta sconfitta l’incubo ritorna, bussa alla porta del Napoli rubandogli l’autostima che forse non è mai esistita. Mette in dubbio le sue qualità, i punti di forza, quelli che forse non sono mai stati sfruttati correttamente. Proseguendo con il porre il quesito più eclatante, quello che a distanza di un anno sembra quasi il nome di un gioco di società: chi è il colpevole?
È facile puntare il dito liberandosi dalle colpe, ma non è mai comodo vestire gli abiti del giudice per porre fine a questa discontinuità con una semplice sentenza che come imputati vede tre persone: società, allenatore e squadra.
Società – Sta nella capacità di un grande club unire società, allenatore, squadra e tifosi. Cosa non avvenuta forse in casa Napoli che trova sempre mille spigoli senza mai avere pace. Manca un progetto su cui puntare tutto, che ha come parola d’ordine: rifondazione. Dopo il famoso ammutinamento che ha portato scompiglio, serve elaborare dal principio un buon piano che rafforzi i dovuti reparti risultati più deboli colmando le lacune della squadra come il problema terzini che perseguita i partenopei già da un po’, racchiudendo il tutto con una figura della dirigenza capace di intermediare tra società, allenatore e squadra.
Allenatore – Gattuso è stato scelto per il suo carisma per mettere al riparo il Napoli prima di tutto in Serie A dopo la catastrofe portando, infine, la Coppa Italia. Ma se questa squadra è stata complimentata proprio per la sua vasta rosa sta all’allenatore gestirla nel modo migliore tramite il giusto modulo, formazione e cambi. Quest’ultimi che forse sono stati governati in maniera discutibile portando i calciatori in uno stato confusionario.
Squadra – Ottimi calciatori, spesso invidiati dai grandi club ma tutti con lo stesso difetto in comune: la discontinuità. Nessuno è in grado di garantire certezze dimostrando la vera professionalità. Il gruppo è spento, non mette in luce le sue qualità, non possiede un animo ribelle risultando timoroso al suo avversario. Non ha uno spirito guerriero e così non avrà vita lunga. Manca la mentalità della grande squadra in grado di rialzarsi, riscattarsi, subito dopo una sconfitta.
Tutte e tre le parti hanno il dovere di assumersi le proprie responsabilità alleandosi per non mettere a repentaglio quello che si è costruito fin ora. E Mentre si sgretolano le certezze alla ricerca del vero colpevole che forse non esiste, la città si rammarica aspettando quella svolta che tarda ad arrivare.
Sara Madonna
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Articolo modificato 24 Gen 2021 - 23:57