Non c’è spazio per remore, paura, gambe tremolanti, compassione: il Napoli annichilisce l’attuale squadra dell’ex tecnico più amato ed odiato al contempo, e si prende la (meritata) vetta della Serie A.
Gli uomini di Spalletti partono con una marcia in più già nel primo tempo: 3-0 secco e si fila negli spogliatoi, con la promessa di riprendere il conto e riaprire il banchetto nel secondo tempo; promessa mantenuta grazie alla fantastica rete di Fabian Ruiz nel finale.
Questo post in breve
Alla veneranda età di trentaquattro anni, il follettino belga continua a stupire e scrive per due volte il suo nome sul tabellino dei marcatori.
Ad aprire le danze ci pensa Zielinski, a chiuderle Fabian Ruiz. Tra i due, ci sono un gioiello di Mertens, seguito da un’altra perla che solo lui può insaccare da quella zolla, in quel modo. Non può nulla neanche l’altro ex della sfida, Pepe Reina: conosce alla perfezione l’ex compagno, eppure, si è fatto beffare; nonostante tutto.
È la terza rete di fila di Dries in campionato che, sembra facile a guardarla da uno schermo (e forse lo è per uno come lui), ma ti lascia comunque a bocca aperta; quasi come fosse la prima volta.
Nel giorno in cui si celebra Maradona, la sensazione è che il numero 14 partenopeo non abbia ancora intenzione di smettere e voglia continuare a stupire, far sognare i tifosi e scrivere la storia con questa maglia: proprio come ha fatto un certo D10S all’ombra del Vesuvio.
La verità è che “Ciro” non può fare a meno di Napoli, come Napoli non può fare a meno di lui. Bollato come prossimo partente per lo stipendio troppo esoso, come “anziano”, “riserva da quindici minuti a partita”, la verità è che Dries è come un Brunello di Montalcino tenuto in cantina da un bel po’.
Nonostante sia stato stappato da otto anni all’ombra del Vesuvio, questo buon vino invecchia con la consapevolezza di essere tra i più buoni al mondo ed ora come non mai, i tifosi del Napoli, continuano a decantarlo con gusto e se lo tengono stretto.
Ciro l’immortale condivide qualcosa con il personaggio interpretato da Marco d’Amore in Gomorra: no, non ha nulla a che fare con la malavita, ma attiene alla capacità di uscirne sempre illeso, nonostante tutto.
Ma come si ferma un giocatore che più invecchia, più migliora? Non lo sa nessuno: e forse è meglio così.
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Matteo Grassi
Articolo modificato 29 Nov 2021 - 13:00