Milan e Napoli: la voglia di vincere e l’attitudine a mollare

Il Napoli perde ad Empoli, di rimonta su uno 0-2. Un risultato finale che taglia le gambe a qualsiasi ambizione, già spezzata dai deludenti risultati delle due gare precedenti. Ma questa volta c’è qualche rammarico in più. C’è l’insoddisfazione di non aver mostrato mai quel mordente decisivo per concretizzare il risultato. C’è lo sconforto di aver subito tre gol in dieci minuti di totale blackout. E c’è la consapevolezza di aver meritato i fischi arrivati a fine partita dai numerosi tifosi accorsi in trasferta.

La formazione partenopea attualmente occupa la terza posizione in classifica, a 5 punti dall’Inter (sempre con una gara da recuperare) e a 7 punti dal Milan capolista. A quattro partite dalla fine, con questi numeri, guardare verso l’alto non è più un sano ottimismo, ma disillusa immaginazione. Molto più realistico è invece guardarsi le spalle da una Juventus che insidia il terzo posto e una Roma che può far traballare anche la qualificazione in Champions League.

Ma perché il Milan è ancora lì?

Napoli e Milan: due squadre con rose sulla carta qualitativamente inferiori rispetto all’Inter, campione d’Italia uscente, che hanno però messo in difficoltà i nerazzurri nel corso di questa stagione. Il campionato che volge al termine, infatti, ha visto alternarsi queste tre squadre periodicamente in vetta alla classifica di Serie A. Il Napoli prima, con l’ottimo avvio di campionato della squadra di Spalletti (otto vittorie e dodici risultati utili consecutivi), il Milan poi e l’Inter ancora dopo. Per poi fare ognuna passi falsi e scambiarsi vicendevolmente le posizioni.

Ad oggi, però, sono quattro le gare rimaste e 12 i punti ancora in palio. Ed è qui che si vede la differenza tra chi ha voglia e qualità per vincere tutte le partite e chi invece è abituato ad arrendersi a prestazioni di basso spessore.

Napoli Empoli Milan
FOTO: Empoli-Napoli, Insigne

E tale differenza si evince in questa 35esima giornata ancora in corso. L’Inter si impone sulla Roma con un risultato finale di 3-1. La stessa Roma che ha pareggiato con il Napoli al 91’ minuto di gioco, dopo che la formazione di Spalletti era riuscita ad andare a segno solo tramite un rigore trasformato da Insigne. Il Napoli perde di rimonta con l’Empoli: da 0-2 a 3-2 alle soglie dello scadere del tempo regolamentare di gioco. Mentre il Milan, dimostrando grinta, cattiveria e voglia di vincere, segna il gol dell’1-2 con la Lazio attraverso i piedi di Sandro Tonali.

La differenza è tutta lì. In chi gioca fino allo strenuo delle forze e in pieno recupero riesce a conquistare i tre punti, dopo aver subito un gol al 4’ minuto, e chi invece si prende il lusso di concedersi dieci minuti di pausa e prendere tre reti contro un’avversaria che non conquistava i tre punti da sedici partite.

La non-corsa allo scudetto, ma fino ad un certo punto

È vero, i passi falsi li hanno commessi tutti in questo campionato. Questa lotta è stata descritta più volte come una “non-corsa allo scudetto”. Ma fino ad un certo punto. Fino al punto in cui arriva il momento di dimostrare e di mandare segnali forti. Fino al punto in cui non è più consentito commettere errori e diventa necessario essere perfetti, se non tecnicamente almeno nell’animo. Nel crederci sempre. Nel dare la carica. Fino al punto in cui mancano cinque, quattro, tre, due, una gare al termine e non sono più ammesse disattenzioni.

Questa è la differenza. La differenza tra chi vince e chi perde. Tra chi lo vuole con la testa e lo dimostra con i piedi e chi, invece, si arrende mollando sempre un passo prima del traguardo.

Cosa è mancato?

Il Napoli non perde lo scudetto con la sconfitta ad Empoli. Al Castellani il Napoli perde la stima dei tifosi e delle cronache nazionali. Perde la speranza di farcela ancora e la fiducia di chi ci credeva. Lo scudetto l’ha perso innumerevoli volte nel corso della stagione. L’ha perso facendo solo 30 punti in casa al Maradona, pareggiando con il Verona e perdendo con lo Spezia e con l’Empoli all’andata.

Perché lo scudetto non si vince con sette sconfitte, nemmeno durante il campionato più tirato della storia. Non basta vincere con l’Atalanta se poi non si riesce a fare più di un punto in tre partite, tra Fiorentina, Roma ed Empoli.

Al Napoli è mancato ciò che per il Milan, invece, è stato la forza trainante in questo campionato: la fiducia in sé stessi. Quella voglia di crederci fino alla fine, anche quando sembra tutto perso. Quella cattiveria agonistica che ti spinge a dare sempre il tutto per tutto, contro qualsiasi avversario. Al Napoli è mancato qualcosa che non si giustifica con gli errori individuali dei singoli giocatori, ma con lo spirito di un gruppo intero.

Perché alla fine, la differenza resta sempre quella. Tra chi vince andandosi a prendere ogni punto e chi, invece, attende che giri tutto per il verso giusto.

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