Domani, alle ore 15, il Napoli ospiterà il Sassuolo di Alessio Dionisi allo Stadio Diego Armando Maradona. La gara che aprirà la 12ª giornata di Serie A potrebbe portare il Napoli momentaneamente a +6 sul Milan secondo e mettere pressione ai rossoneri, impegnati contro il Torino domenica sera.
La sfida di domani, però, sarà speciale soprattutto per uno dei giocatori della squadra emiliana: l’attaccante Luca D’Andrea, napoletano doc, realizzerà il suo sogno di giocare una partita ufficiale nello stadio della propria città.
Questo post in breve
Luca D’Andrea sta attirando le attenzioni del panorama calcistico italiano su di sé. Schierato da Dionisi nel ruolo di ala destra, il giovane napoletano ha dimostrato buone qualità tecniche, tanta corsa e spirito di sacrificio per aiutare anche i compagni in fase difensiva. Bisognerà crescere, ma la strada intrapresa è quella giusta.
Nato a Napoli il 6 settembre 2004, D’Andrea ha iniziato la sua carriera da calciatore nella Scuola Calcio Azzurri a Torre Annunziata. Trasferitosi alla SPAL, con il club emiliano è arrivato fino alla squadra Primavera, prima di essere acquistato dal Sassuolo nel gennaio del 2022.
Dopo i primi mesi con la squadra Primavera, da questa stagione il classe 2004 è entrato a far parte della prima squadra, venendo sempre convocato da Dionisi e collezionando panchine in match importanti come contro Juventus e Milan.
Il coronamento del sogno, però, arriva lo scorso 17 settembre, quando Dionisi decide di schierarlo a sorpresa dal primo minuto nel match contro il Torino. D’Andrea gioca 66 minuti e ben figura nella sua prima in Serie A.
Da quel giorno, D’Andrea colleziona altre due panchine con Salernitana e Inter, prima di essere schierato nuovamente titolare nella gara contro l’Atalanta. E qui anche la prima piccola gioia in Serie A: al 41′ minuto, D’Andrea riceve palla sulla destra e serve un cross perfetto sul secondo palo per Kyriakopoulos che scarica in porta la rete del momentaneo 0-1 (l’Atalanta poi vincerà 2-1).
Ma adesso sta per arrivare forse il momento più atteso per D’Andrea: domani il Sassuolo giocherà al Maradona e Luca potrà realizzare il sogno di giocare contro la sua squadra del cuore.
Come detto in precedenza, Luca D’Andrea proviene dalla Scuola Calcio Azzurri, una piccola fucina di talenti situata nella provincia di Napoli. Da questa scuola calcio, infatti, sono usciti giocatori come Gabriele Corbo, difensore classe 2000 del Bologna attualmente in prestito al Montreal, e il bomber Alfredo Donnarumma, autore di quasi 100 reti in Serie B.
Alla vigilia di Napoli-Sassuolo, abbiamo intervistato Stefano Cirillo, allenatore della Scuola Calcio Azzurri e primo mister di Luca D’Andrea.
Prima domanda subito cattiva: per chi farà il tifo sabato? Napoli o D’Andrea?
“La fede per la squadra del cuore è la prima cosa, la nostra scuola calcio si chiama “Azzurri” proprio in onore del Napoli, ma magari potessimo avere un avversario a settimana come Luca. Diciamo che il 4-1 per il Napoli con gol di D’Andrea sarebbe perfetto”.
Cosa ha provato quando ha visto D’Andrea tra i titolari in Torino-Sassuolo?
“Ti svelo un aneddoto. Quella sera dovevamo andare a cena fuori con Zeus Sport, ero in macchina con mia moglie e stavamo per partire. A un certo punto mi arrivano tanti messaggi nei gruppi di WhatsApp con scritto “D’Andrea nella formazione titolare”. Io allora tiro il freno a mano e dico “Signori, andatevene da soli o mangiamo a casa”. Loro per solidarietà vennero a casa mia e guardammo insieme la partita in tv. Dovrò offrire una cena ma ne è valsa la pena”.
D’Andrea è ancora abbastanza giovane e piccolo fisicamente, ma Cirillo è sicuro: il ragazzo può giocare in Serie A. “È stata una sorpresa vederlo tra i titolari, ma per me lui può giocare in Serie A. Mi ha dato l’impressione di poterci stare lì in mezzo, anche nelle altre partite che ha giocato. Non è stato un debutto casuale, lui ha un futuro. Per schierarlo titolare per 2/3 volte, non può essere solo una coincidenza, ma vuol dire che Dionisi ha fiducia in lui.
È sicuramente ancora immaturo fisicamente, deve crescere sotto quell’aspetto, ma facendo gli allenamenti da Serie A diventerà più potente. Anche Insigne agli esordi era molto gracile e con il tempo è diventato una bella macchina”.
Ma allora ci vorrebbero più Dionisi in Serie A?
“Esattamente. Se Luca iniziasse a fare tanta esperienza, verrebbe fuori un giocatore anche per le nazionali. Se in Italia iniziassimo a fare come in paesi come Olanda e Belgio, facendo giocare sempre più giovani italiani, avremmo dieci D’Andrea. Invece oggi i D’Andrea sono ancora una perla rara. In questo paese dovrebbe essere la normalità e non la novità. Dionisi è il frutto della mentalità di una proprietà che ha inculcato questa idea nelle menti dei vari allenatori. D’Andrea è stato acquistato dalla SPAL per 100 mila euro e ora vale già 5 milioni. Perché questa cosa non può farla anche il Napoli con i suoi talenti della Primavera? Invece, De Laurentiis ha sposato un’altra strategia, acquistando a poco da altre squadre e vendendo a cifre molto più alte”.
Perché in Italia è ancora così raro vedere giovani italiani giocare in Serie A? Come si può risolvere questa situazione? Cirillo propone un nuovo regolamento: “C’è una formula del tutto sbagliata nei dilettanti e anche in Serie C che protegge i minutaggi dei giovani italiani. Il problema è che io non devo proteggere il giovane nei dilettanti, ma devo farlo in Serie A, per poter vedere tanti ragazzi italiani nel massimo campionato. Se la stessa regola che esiste in Serie D, proviamo a inserirla in Serie A significherebbe vedere tre D’Andrea per squadra, ovvero sessanta giovani italiani in Serie A. Questa è la rivoluzione culturale che servirebbe nel nostro paese”.
Cirillo, sempre sul tema giovani italiani, prosegue: “È inutile aspettare i ragazzi fino ai 23/24 anni, è troppo tardi. Io non penso che Gaetano, che ora ha 22 anni, quattro anni fa fosse più scarso di quanto lo sia adesso: abbiamo aspettato quattro anni inutili per far giocare Gaetano nel Napoli. I nostri campionati Primavera sono pieni di 2003/2004, ragazzi che hanno già 18/19 anni: a quell’età Bergomi ha vinto un Mondiale e Totti aveva già tre campionati di Serie A alle spalle. I grandi campioni hanno iniziato a giocare a 16/17 anni non a 23/24”.
A proposito di Primavera, non si può non citare Luigi D’Avino, giovane difensore della Primavera del Napoli arrivato proprio dalla Scuola Calcio Azzurri: “D’Avino è un classe 2005, a dicembre farà 17 anni. Luigi sono due anni che si allena con Spalletti, è in pianta stabile con la prima squadra quando si deve prendere dal settore giovanile per gli allenamenti a Castel Volturno. Per me, deve essere subito aggregato in prima squadra e fare già 7/8 spezzoni di partita: come valore, non è tanto diverso da Ostigard. Non c’è bisogno che D’Avino arrivi a 21 anni per poi farsi la Serie C, la Serie B e poi arrivare forse in Serie A. D’Avino è un talento, è un 2005 ma gioca nel campionato Primavera con i 2003/2004, questo vuol dire che può già giocare con i più grandi. Poi voglio citare anche Davide Acampa della Primavera del Napoli, un classe 2003 molto interessante che proviene dalla nostra scuola calcio”.
Tornando a D’Andrea: tre aggettivi per descriverlo e un paragone con un giocatore del passato.
“I tre aggettivi sono scaltro, intelligente e sensibile. Il giocatore che mi ricorda D’Andrea è un nome un po’ vintage e semisconosciuto: si tratta di Alessandro Bianchi, titolare nell’Inter dello scudetto dei record del 1988/1989. Perché dico Bianchi? Negli anni ’90 esisteva un ruolo che adesso non esiste più ed è quello dell’ala tornante. Luca sta svolgendo un ottimo lavoro anche in fase difensiva e la sua intelligenza tattica mi ha fatto venire in mente quest’ala tornante di una volta. Giocatori che facevano quei lavori sporchi e che quindi in pochi notavano ma erano importantissimi. Bianchi, infatti, ha vinto lo scudetto dei record ma in pochi lo ricordano. Se invece devo dire un giocatore del Napoli simile a D’Andrea dico Luigi Caffarelli (con il Napoli vinse il primo scudetto nel 1986/1987, ndr)”.
E invece qual è stato il messaggio che ha inviato a D’Andrea dopo l’esordio in Serie A?
“Le nostre chat di WhatsApp e Instagram sono piene di cuori e di emoticon. I giovani di oggi comunicano solo con le emoji, ti riempiono di cuori, non scrivono un rigo (ride, ndr). La cosa bella però è che lui mi risponde sempre dopo un minuto: questa cosa mi inorgoglisce. Cosa gli ho scritto? “Fame, Fame, Fame”. Il motto della nostra scuola calcio, il nostro grido negli spogliatoi, ma anche quello che urlavo ai ragazzi in campo quando stavano dando poco e dovevano alzare l’intensità. Gli ho scritto quello che gli dicevo quando aveva 12 anni, perché deve avere ancora “Fame, Fame, Fame” per arrivare in alto, questo è solo il punto di partenza, se pensa di essere già arrivato, è un uomo finito. E tutte queste cose gliele ho dette”.
Quindi il sogno è chiaro: vedere un giorno (magari non troppo lontano) D’Andrea, Acampa e D’Avino titolari al Maradona con la maglia del Napoli.
“Lì però si rischia l’infarto, quello è omicidio colposo (ride, ndr). In questo momento, ci sono 26 ragazzini della mia scuola calcio nelle giovanili del Napoli: credo che nessuna scuola calcio a Roma, Torino o Milano riesca a dare così tanti ragazzini alle prime squadre. Quindi, sì, il sogno è vedere un mio ragazzo poter giocare titolare nel Napoli”.
Articolo modificato 29 Ott 2022 - 08:35