Giovanni Simeone è stato uno dei protagonisti del Napoli dello Scudetto. L’attaccante argentino, arrivato dal Verona in estate, è stato fondamentale in diverse partite per sbloccare il risultato nei momenti complessi come contro Roma, Milan e Cremonese. Il numero 18 azzurro si è raccontato ai microfoni di AS in una lunga intervista, tra soddisfazione Scudetto, progetti futuri e le prime sensazioni da calciatore del Napoli.
Campione d’Italia? Ogni giorno realizzo qualcosa di nuovo che mi insegna quanto è stato bello tutto. L’altro giorno, per esempio, sono stato a Sorrento e c’era una strada con decine di striscioni che mostravano i risultati di tutte le nostre partite.
Tre gol al Napoli ai tempi della Fiorentina? Segnare una tripletta contro una squadra così grande è stato speciale. Ovviamente quando sono arrivato qui tutti me lo ricordavano e lo fanno ancora. Ora però mi dicono che sono perdonato.
Impatto con la città di Napoli? Ho notato la differenza delle persone rispetto al nord. Mi hanno accolto con amore fin da subito e questo mi ha aiutato molto, siamo molto simili. Inoltre, essendo il primo argentino da tanto tempo, mi hanno sempre dimostrato un affetto speciale.
Sapevi di non essere titolare? Giuntoli è stato bravissimo, mi ha chiarito tutto fin da subito. Mi ha detto che se fossi venuto ci sarebbe voluta molta pazienza. Sapevo cosa mi aspettava, sono arrivato felicissimo e convinto che avrei avuto le mie possibilità, preparando ogni partita come se dovessi giocare titolare. Le ho vissute tutte così e non mi interessava chi giocava o segnava, li festeggiavo tutti come se fossero miei.
Questo post in breve
Giovanni Simeone è l’ennesimo argentino trapiantato a Napoli e ha subito trovato un’armonia perfetta con la città e con tutti i compagni di squadra.
Osimhen? Sembra che non sia sempre presente, ma ogni volta che gli arriva la palla si inventa qualcosa. È spontaneo, non prepara i movimenti, vengono fuori dal nulla e questo rende la vita molto difficile ai difensori.
Su Kvaratshelia – Quello che colpisce è il suo modo di voler affrontare sempre il difensore. Non ha nient’altro in testa e se qualcosa va storto torna indietro e lo fa di nuovo. Sapevo che aveva qualcosa, ma quando l’ho visto ho capito che era una bestia. Come Victor.
Scudetto? C’è stato un momento in cui ci siamo resi conto che saremmo comunque diventati campioni. Dopo la vittoria contro la Roma a gennaio, quando ho segnato il gol. Mio padre me l’ha anche detto, mi ha mandato un messaggio di notte in cui diceva che era una vittoria dal sapore di campioni. Mi sono commosso, perché ha fatto lo stesso con l’Argentina quando hanno vinto gli ottavi di finale in Qatar.
Statistiche eccezionali – La cosa più difficile è mantenere la concentrazione senza avere continuità. È una cosa che mi ha fatto crescere molto.
La profezia del 1986 – Ci pensavamo spesso nello spogliatoio. Anche quando abbiamo perso contro la Cremonese, abbiamo visto che l’unico anno in cui hanno raggiunto la semifinale di Coppa Italia è stato proprio il 1986/87. Ho riso molto con Di Lorenzo perché c’rano tante coincidenze, ma non volevamo sentirle. C’era qualcosa nell’aria. Prima di essere campioni ci siamo riuniti nello stesso albergo dove Astori è morto cinque anni fa. Ero nella stessa stanza in cui l’ho visto l’ultima volta e ho sentito che era arrivato il momento di vincere.
L’’addio di Spalletti? Ha detto che vuole riposare, stare con la famiglia e la sua decisione va rispettata. Lo amiamo, è stato meraviglioso lavorare con lui e gli auguriamo il meglio. Si merita tutto quello che gli sta accadendo.
Articolo modificato 2 Giu 2023 - 17:34