L’avvento di Francesco Calzona sulla panchina del Napoli ha dato nuova linfa alla squadra, che pian piano sta ritrovando i propri passi. Il tecnico azzurro si è raccontato in una lunga intervista a Cronache di Spogliatoio, dove ha toccato molti temi, tra campo e non solo.
Il Napoli è reduce dal pareggio contro il Torino, che è risultato stretto agli azzurri viste le tante occasioni create. Gli azzurri proveranno a fare meglio nella gara di domani sera, quando si sfiderà il Barcellona e si scoprirà il proprio futuro in Champions League.
Il Napoli può guardare con maggiore positività a questa sfida, visto che Francesco Calzona ha portato una ventata d’aria fresca nell’ambiente, che sta permettendo alla squadra di ritrovarsi. L’allenatore dei partenopei ha concesso un’intervista a Cronache di Spogliatoio, in cui si è raccontato a tutto tondo.
Francesco Calzona si racconta a Cronache di Spogliatoio
L’allenatore del Napoli, Francesco Calzona, è subentrato a Walter Mazzarri lo scorso 20 febbraio, proprio alla vigilia di Napoli-Barcellona. Sin da subito il tecnico italiano ha dato il suo apporto alla squadra, che ad oggi in cinque partite è ancora imbattuta. Calzona si è raccontato a Cronache di Spogliatoio, toccando vari temi, tra l’approdo al Napoli, fino al rapporto con altri allenatori e calciatori.
Di seguito le dichiarazioni di Francesco Calzona:
Dov’eri quando ti ha chiamato De Laurentiis?
“Mi trovavo in Calabria perché i miei genitori vivono li. Stavo aspettando un peschereccio col pesce fresco e ho ricevuto una chiamata da un dirigente del Napoli e chiaramente non ho comparato il pesce”.Hai pensato per un attimo: rischio di bruciarmi?
“La telefonata è durata 40′, ma mentre loro parlavano pensavo. Non ho mai avuto il minimo dubbio. Un’offerta del genere non si può rifiutare, la comfort zone non fa per me, io amo lo sfide, sono andato in un Paese che non conoscevo come la Slovacchia e poi Napoli fa parte della mia vita, tornare e dare una mano era troppo importante”.Com’è stata la prima volta che sei entrato al Maradona da primo allenatore, contro il Barcellona?
“Venivo su dalla Calabria con una macchina a noleggio, ho tirato giù il finestrino e ho cacciato un urlo. Era tanta l’adrenalina e la gioia di tornare a Napoli con questo nuovo ruolo. Riesco poi a essere misurato quando entro dentro lo stadio, ma questa volta è stato diverso perché ho sentito il carico della responsabilità di rappresentare una Regione. E con me la mia famiglia perché si rendeva conto del peso di tutto ciò”.Quando si entra in uno spogliatoio, si parla di fiducia e rispetto. Essendo già conosciuto dallo spogliatoio, ciò ti ha aiutato?
“Può aiutare senza dubbio, ma poi per ottenere rispetto devi dare rispetto indipendentemente se sei “il capo”. Ho iniziato dal primo giorno a dare rispetto a loro e loro hanno hanno risposto allo stesso modo”.
Tu hai riportato Sinatti a Napoli, quanto è importante una figura come il preparatore atletico?
“Francesco Sinatti come preparatore atletico è uno dei migliori in circolazione. Quando l’ho chiamato si è sentito in obbligo di accompagnarmi. I giocatori lo amano e lo stimano”.
Qual’è l’importanza del possesso palla nel calcio di Francesco Calzona?
“Lo reputo un elemento chiave perché avere la palla vuol dire che ci sono meno possibilità di prendere il gol. Il possesso palla per questo Napoli è fondamentale. Ho detto ai giocatori di verticalizzare appena possibile, e di non preoccuparsi se sbagliano. In quel caso è colpa mia”.
A chi hai detto “Guarda che mi sa che vado al Napoli”?
“C’era mio fratello, stavamo camminando con lui perché siamo tutti e due sovrappeso. Ai miei genitori non ho detto niente fino praticamente alla sera perché hanno una certa età non volevo che si agitassero”.
Come hai trovato i giocatori rispetto a come li conoscevi?
“A livello mentale non era l’ideale, ma onestamente a me non non non mi interessa quello che è successo prima. Il Maradona è sempre pieno e ci dà una mano. Noi siamo in debito con loro in questa stagione per cui ho detto che dobbiamo fare di tutto per fare un finale di stagione di grandissimo livello e dare soddisfazione in parte a questa città che se lo merita”.
In uno staff ci sono sempre caratteri diversi, è significato qualcosa questo passaggio da vice ad allenatore?
“Non mi piace passare per il generale della situazione nemmeno ora che che che sono prima allenatore. Cerco di instaurare un rapporto con i calciatori di onestà. Chiaramente il rispetto dei ruoli c’è, però non voglio che che percepiscono che in una stanza c’è un generale che li comanda. Devo portarli a capire che è importante anche per loro perché poi alla fine c’è un discorso egoistico. Se facciamo bene tutti insieme raggiungiamo l’obiettivo personale e per fare bene tutti insieme c’è bisogno di sacrificio, di mettersi sotto, di di star bene insieme, di curare l’alimentazione, di curare i minimi particolari. Poi sono il primo che quando c’è bisogno di staccare lo concedo perché secondo me è molto importante”.
Che effetto ti ha fatto Kvartskhelia?
“Sinatti mi aveva fatto un quadro generale del ragazzo. È il primo che se non fa la prestazione che vuole fa autocritica. E’ cresciuto tantissimo sotto l’aspetto tattico. Le prime prestazioni nella mia gestione non sono state all’altezza, ma parte è colpa mia perché gli ho chiesto di fare cose nuove velocemente. Lui era abituato a fare una fase difensiva di rincorsa, io invece gli chiedo una fase difensiva preventiva, per fargli anche risparmiare energie. Lui si è talmente focalizzato sulle mie richieste che ha perso di vista le sue qualità principali”.
Come sarà la pausa della Nazionale, visto che andrai via per allenare la Slovacchia?
“La fortuna è stata anche che abbiamo uno staff molto ampio, per cui i calciatori riusciamo a seguirli tranquillamente. Abbiamo quattro o cinque dubbi per quanto riguarda le convocazioni, ma ci stiamo concentrando su questi giocatori che diciamo sono probabili per quanto riguarda le amichevoli. Avevamo già preparato tutto perché l’ultima volta da novembre abbiamo avuto il tempo di preparare gli avversari di marzo per l’amichevole per cui siamo stati anche fortunati che è capitata in un periodo questa occasione”.
Hamsik è stato il tuo sponsor per la Slovacchia, ci parli del vostro rapporto?
“Abbiamo creato un rapporto di stima reciproca perché Marek è uno è uno introverso. Parla poco ma comunica tanto con le gesta e la postura. Io quei tipi di giocatori li ho sempre amati, perché non mi piacciono i giocatori che parlano tanto. Lui è stato un leader nel silenzio e l’ho sempre stimato. La Slovacchia veniva da da un periodo molto difficile, lui ha ottimi rapporti col presidente della federazione e ricordo che ero ad un distributore a fare benzina. Ho ricevuto la sua chiamata, “Gli ho detto ok fammici pensare e ti richiamo stasera”, finito di fare benzina son montato in macchina e dopo 5 minuti l’ho chiamato e ho detto “Ok, fissami l’appuntamento e vengo”.
Quanto ti hanno aiutato Lobotka e Skriniar quando sei arrivato alla Slovacchia?
“Mi hanno aiutato tantissimo, ma non tanto per la lingua ma per il comportamento. Si sono messi subito a disposizione e hanno dato l’esempio. La nazionale Slovacca è composta da giocatori di grandissimo spessore umano e consiglierei sicuramente di andare a visitare la Slovacchia, sia agli sportivi ma anche a chi non piace lo sport”.
Hai fatto una scelta “Spallettiana” nel vivere in campagna ad Arezzo?
“Sì, a me piace la campagna. Mi piace curare e potare gli ulivi, mi piace curare il giardino e faccio una vita molto riservata. Non ho animali per il semplice fatto che c’è una bambina piccola che ha paura. Volevamo prendere un cane, ma poi non c’è mai nessuno a casa e sarebbe un impegno che non potremmo mantenere costantemente. Non è giusto trascurare un animale”.
La tua storia è legata a Sarri, ma non tutti la sanno. Ce la racconti?
“Sarri l’ho conosciuto tramite un amico in comune. Lui faceva il promotore finanziario, ma finivamo a parlare sempre di calcio. Io ero al Tegoleto, avevano licenziato l’allenatore, e mi hanno chiesto di fare il player-manager. Io però volevo solo giocare e ho suggerito Sarri per la panchina. Abbiamo fatto un’ottima stagione e da lì è nato tutto”.
Ti fa impressione ogni tanto vedere che hai su la tuta dell’allenatore del Napoli?
“Ci pensa mia figlia a ricordarmi tutto questo perché mi dice “papà almeno anche siamo lontani riesco a vederti in televisione sul giornale tutti i giorni perché sei l’allenatore del Napoli”. Mia figlia me lo ricorda e mi fa capire la grandezza di essere l’allenatore di questa città”.
Dove vivi qua?
“Vivo in albergo nella zona di Pozzuoli per una questione di comodità. Mi accorcia i tempi per arrivare a centro sportivo. Ho ho tanti amici ristoratori e dove sono molto abitudinario. Faccio le solite cose che già ho fatto nei 4 anni passati il centro sportivo albergo casa e poi a cena con da questi ristoratori amici”.
È più soddisfacente fare il primo allenatore?
“Dipende dal carattere però intanto voglio dire che io ho fatto 15 anni l’assistente e a me quel lavoro lì mi gratifica. Penso che se se sono arrivato ora e il destino ha voluto così ma assolutamente non rimpiango di non esserci arrivato prima perché quello che facevo prima mi dava tanta tanta soddisfazione”.
Andare avanti in Champions League credo sia una motivazione fortissima
“Andare avanti in Champions League è importante per mille motivi. Chi fa il mio mestiere sogna di esserci. Andremo lì a giocarcela a viso aperto perché è nella nostra e nella mia mentalità. Dobbiamo uscire dal campo senza avere rimpianti”.
Sulla tuta ora hai CC, come mai?
“ho sempre avuto FC a Napoli, poi c’è un mio collaboratore secondo preparatore che si chiama Francesco Cacciapuoti. Quindi è FC anche lui, per cui i magazzinieri hanno deciso Ciccio Calzona, ma va bene. Mi chiamano tutti Ciccio, non è un problema”.
Queste dunque le dichiarazioni a tutto tondo dell’allenatore del Napoli, Francesco Calzona, che si è raccontato a tutti i tifosi del Napoli e non solo.