Ci si lamenta sempre, sembriamo disegnati solo per fare quello. Non ci sta bene mai nulla.
Noi giornalisti sportivi “moderni”, ad esempio, ci lamentiamo sempre della mancanza di umanità di cui è fatto il nostro mondo, spesso privo di contatti confidenziali con i protagonisti diretti delle vicende.
Le società sportive mettono barriere insuperabili, le televisioni a pagamento godono di benefici notevoli e per tutti gli altri non restano che piccole poche occasioni per stabilire una “connessione” con i calciatori.
E poi ci domandiamo il perché.
Dopo quanto successo a Marchisio riponiamo questa nostra domanda nel cassetto e non riapriamolo più.
Esponiamoci chiaramente, senza giri di parole: Marchisio non ha sbagliato.
Il centrocampista bianconero ha concesso un’intervista molto lunga di cui è stata estrapolata solo una piccola parte per cercare di fomentare una polemica mai doma come quella tra napoletani e juventini.
Abituati alle solite interviste preconfezionate, modellate a dovere dagli uffici stampa di turno, una frase come quella del Principino (“Provo una sana antipatia per la squadra del Napoli“) balza come un pugno in un occhio perché priva del condimento più macabro che possa avere un dialogo qualsiasi: l’ipocrisia.
Più volte, in passato, Marchisio aveva elogiato Napoli e i napoletani e la risposta alla domanda “antipatica” rappresenta un qualcosa di logico e naturale, dopo i due match di Coppa Italia e Supercoppa. C’è un napoletano a cui la “Vecchia Signora” provoca simpatia oggi come oggi?
Su, non scherziamo perché se si continua con questo genere di polemiche si distrugge il calcio, come se non bastassero le scommesse, i conti online asiatici e centinaia di altre patologie.
Noi che “viviamo di calcio” dovremmo evitare questi comportamenti, come tutti gli altri addetti ai lavori, nel buon ricordo di figure come quella di Peppino Prisco che avrà ribadito migliaia di volte la sua antipatia per colori diversi da quelli nerazzurri senza suscitare la guerra di comunicati e scuse. Al massimo ci si faceva un sorriso… forse oggi non si sa più sorridere col calcio? Quello è un altro problema allora…
di Antonio Manzo