Un Napoli sempre meno italiano si appresta ad aprire la porta che lo conduce ai grandi palcoscenici europei. Nelle ultime sessioni di mercato Riccardo Bigon ha molto spesso guardato al mercato italiano, ma non ai giocatori italiani. Il Napoli che giunse in Serie A quasi sei anni fa era quasi solo made in Italy, specialmente in difesa e a centrocampo, ora invece la tendenza è chiara: il Napoli è diventato internazionale. Basti guardare gli acquisti degli ultimi 18 mesi: nella sessione estiva precedente alla stagione 2011-2012 arrivarono Inler, Dzemaili, Fernandez, Britos, Santana, Chavez e Donadel, l’unico italiano. Peccato che il biondo ex viola abbia sin qui disputato ben poche partite e ancora meno partite al livello che ci si aspettava. A gennaio la tradizione continua, con l’investimento pesante di Edu Vargas e solo l’innesto di Peppe Mascara a rinfoltire la colonia nostrana, con discreti risultati e un addio a giugno. Il mercato estivo di questa stagione vede qualche acquisto in più dall’Italia (Gamberini, Mesto) ma ancora una volta acquisti di prospettiva non italiani (El Kaddouri, Uvini), più Behrami, pescato in Italia ma non italiano. Infine, nel mercato appena finito, vissuto con intensità, si sono registrati gli arrivi di Radosevic , Armero, Rolando e Calaiò, ancora una volta l’unico italiano della combriccola. La sensazione è che mentre gli innesti “esteri” siano quelli di prospettiva o quelli che hanno l’obiettivo di migliorare l’undici titolare, gli innesti di casa nostra siano invece un “contorno” al resto della squadra (riscorrendo la lista, Donadel, Mascara, Mesto e Calaiò lo sono certamente). Ma vanno dette due cose: in primis, lo scheletro sia in campo che fuori della squadra è italiano. De Sanctis, Cannavaro, Grava sono i leader morali e tecnici delle difesa, ai quali si aggiunge Maggio, ormai un veterano e un caposaldo del centrocampo. E poi l’anima sudamericana, che poteva contrapporsi a quella italiana e creare contrasti, è andata scemando col tempo, specialmente con le partenze di Lavezzi e Gargano, e pare ormai ben integrata nel gruppo. In secundis, va considerata la Primavera azzurra, bellissimo fiore all’occhiello del Napoli, squadra di promesse future per una società che guarda al futuro. 9/11 della formazione titolare guidata da Saurini sono made in Italy e gran parte di loro made in Campania. Gioielli come Roberto Insigne, Tutino, Fornito, Nicolao e Palma hanno già un possibile futuro a breve-medio termine nel Napoli che sarà, e non è poco. Lungimirante l’idea che ebbe la società tempo fa di aggregare questi ragazzi subito alla Primavera, per farli acclimatare alla categoria con un anno di anticipo, per poi ritrovarsi ora un forziere pieno di talenti. Insomma, il presente parla tante lingue, ma il futuro, si spera, parlerà anche e soprattutto napoletano.
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