E’ tempo di archiviare le frustranti umiliazioni inferte sotto forma di gol da un avversario dal nome per i più rimasto impronunciabile.
E’ tempo di tamponare l’emorragia di delusione che, da domenica scorsa, incessantemente, sgorga dalle vene, mista al sangue azzurro.
E’ tempo di imbavagliare i rumors di mercato e le chiacchiere da bar, di non inseguire, fomentare ed esasperare notizie infondate solo per accondiscendere al lussurioso richiamo dell’estemporanea e laconica notorietà. Meglio essere “signori nessuno” per tutta la vita, pur preservando la propria dignità ed il leale amore verso la verità, piuttosto che travestirsi da “effimere chimere” il cui nome sarà quasi indelebilmente associato a quella notizia bomba, la cui esplosione, però, avrà l’esclusivo compito di rivelare l’infondatezza del dato che in essa vi era racchiuso e, al contempo, la dissoluzione nel “Purgatorio dei millantatori” per l’astuta mente che ha architettato l’ordigno.
E’ tempo di estirpare qualsivoglia elemento utile a destabilizzare l’ambiente o che si riveli altresì capace a svilire forze, determinazione, concentrazione, motivazione e quant’altro possa essere racchiuso sotto la voce “elementi fondamentali per conseguire la vittoria”.
E’ tempo di reagire, di rialzarsi, di guardarsi allo specchio, di scrutare le cicatrici cosparse nell’anima: quelle vecchie, maturate anni addietro, nell’era in cui questa squadra era il fanalino di coda della classifica e per ogni avversario era ordinaria amministrazione violare la porta azzurra una, due, tre volte, almeno; quelle che hanno ancora l’odore dei campi più anonimi del Campionato italiano, allorquando un Napoli blasonato era chiamato ad osteggiare avversari senza volto, il cui unico intento era vincere per poter vivere di quell’unico momento di gloria, un eterno attimo di trionfo, incastonato nel vanto di poter asserire di aver battuto il Napoli; fino alle ferite più recenti, più lievi e meno profonde, quelle che sanguinano ancora e che, pertanto, necessitano di maggior tempo per tramutarsi in un brandello di carne assottigliato e labile che è lì per ricordare perché è lì, proprio lì e che da lì non andrà mai più via.
E’ necessario toccarle tutte, proprio tutte quelle cicatrici per ritrovare la propria identità.
E’ tempo di dimenticare la barbarie della turpe violenza che allunga le sue riprovevoli mani per strappare via sfarzosi oggetti e, insieme ad essi, la placida serenità a quelle che, da sempre, erano stimate essere “divinità terrene” e, pertanto, intoccabili.
E’ tempo di riabbracciare quella sana ed instancabile combattività che sovente ha contraddistinto ed infervorato l’animo di questa squadra, nonché la determinazione e la voglia di vincere, quelle che, per intenderci, hanno, talvolta, consentito di ribaltare risultati incredibili e di vincere partite negli ultimi istanti degli ultimi secondi di recupero, quando, ormai, il pubblico era già virtualmente a casa e la squadra avversaria già negli spogliatoi. Il Napoli invece no, ci credeva e lottava fino alla fine e quella parsimoniosa tenacia non solo si rivelava ferocemente utile, ma veniva altresì premiata dal campo e contornata dal tripudiante consenso del pubblico. E non perché il Napoli non aveva perso, ma piuttosto perché il Napoli aveva dignitosamente ed incontestabilmente onorato la maglia.
E’ tempo di non nascondersi dietro sterili alibi e labili indugi: quella che si appresta ad iniziare è una settimana importante, non possiamo stabilire con insindacabile certezza se sarà fondamentale o meno ai fini dei verdetti che il Campionato in corso sancirà quando scorreranno i titoli di coda, poiché la logica impone che, finché la matematica non decreta il vincitore, si è sempre legittimati a credere e sperare di sovvertire gli eventi e nel calcio mai una regola fu più comprovata e veritiera. Di certo, 2 partite in 5 giorni e 6 punti in palio, almeno sulla carta, poiché, in realtà, la posta in gioco appare assai più esosa, costituiscono di per se un input motivazionale assai cospicuo, almeno per una squadra che ha delle velleità, che ha ancora voglia di credere in un “sogno” e che ha ancora qualcosa da chiedere a questo Campionato.
E’ giunto il tempo del Napoli: adesso tocca agli 11 chiamati a dare corpo alla maglia azzurra, indossare i panni dei prodi e valorosi guerrieri e lottare fino alla stregua delle proprie forze, pur di conquistare la vittoria.
E’ tempo che il Napoli ritorni ad essere il Napoli.
Luciana Esposito
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