Certe partite non hanno prezzo, e, se pure ce l’hanno, la loro economia s’allarga pure dove non occorre soltanto il denaro.
Da sempre, Napoli-Juventus non pretende soltanto l’attenzione. È una partita capricciosa, fatta di attese e file altrettanto capricciose. Lo testimonia la Napoli – Juve del campionato 85\86, di quando Maradona sbalordì tutta Italia con un goal dalla fisica impossibile. Una punizione calciata all’interno dell’area di rigore, a pochi metri dalla porta difesa da Sacconi, col pallone a descrivere una delle traiettorie più incredibili, viste e riviste, nella storia del campionato italiano.
Prima di quel pallone infilatosi nel sette, sopra l’incredulità del portiere juventino, prima che gli 80mila ombrelli del San Paolo saltassero sopra le teste dei tifosi impazziti di gioia, in quella giornata di pioggia, l’attesa della partita era stata condita da tutti gli ingredienti che ancora oggi, a qualcuno, destano sorpresa.
Solo con qualche differenza. Allora c’era la Lira, e i prezzi dei biglietti, con la paura che fossero pure falsi, schizzava a cifre che sfioravano pezzi di stipendio. Il bagarinaggio faceva da padrone, ma per i tifosi napoletani questo non costituiva un ostacolo, almeno per quelli che riuscivano ad accaparrarsi un tagliando. Come adesso, che mentre, invece della mannaia “bagarina”, il “caro-biglietti” le spara grosse, la fila ai botteghini, e, successivamente davanti ai cancelli dello stadio, dice ancora che per Napoli – Juve la tifoseria azzurra è disposta ad assecondarle, queste follie dell’economia pallonara.
E adesso, come allora, ci si accorge che presso certi avamposti della passione, qualcosa che si assomiglia, dura nel tempo, messo lì, in fila, con tutta la facile contraddizione che si riesce a rilevare, ma pure col fascino del metodo profano che non ha paura di comportarsi come quello sacro.
Sebastiano Di Paolo