Che sia pronta al rinnovo o in “dirittura d’addio”, l’era Mazzarri, ancora in corso, un no netto e chiaro l’ha pronunciato. Quello della politica delle giovani scommesse. Non giriamoci troppo intorno, a prescindere dalla solite ancore di salvezza chiamate “titolarissimi”, “quattro tenori”, passati a tre, e campagne di riparazione nemmeno così capaci di riparare.
Negli anni di gestione del tecnico toscano, alla corte del livornese (che col “nuovo” ha un cattivo rapporto) sono passati molti calciatori scovati dalla società per rinfoltire quel vivaio targato Napoli pronto all’uso, affidato a giovani affamati di gloria e vittorie.
Per citarne alcuni, Victor Ruiz, approdato per colmare il vuoto del reparto difensivo sinistro, troppo a lungo affidato all’Aronica sfiancato. Dumitru, l’attaccante che avrebbe dovuto “ricordare Eto’o”. Fernandez, centrale difensivo prenotato sei mesi prima dal Napoli che aveva avuto fretta di comprarlo. Edu Vargas, cileno terribile che avrebbe dovuto oscurare le prodezze di Lavezzi. Uvini, giovane brasiliano praticamente inutilizzato, El Kaddouri, utilizzato, invece, soltanto quando c’erano da “perdere” le partite di Europa league, fino al Lorenzo Insigne che, non nascondiamolo, altrove forse troverebbe motlo più spazio di quello riservato in tante, troppe occasioni a un Pandev in calo e fuori forma.
A prescindere dalla quantità di partite o minuti giocati di questi calciatori, al di là delle reali qualità di ognuno di questi elementi, di certo diverse e non della stessa entità, altrove, vedere Milan e Juve, la politica dei giovani viene concordata realmente tra società e allenatore.
Che sia un difetto di Mazzarri, una non riuscita capacità di suggerire i giusti calciatori da parte della società, di certo su tanti, troppo elementi, il Napoli li ha bruciati quasi tutti. Il “reduce” illustre di questo ciclo infelice, è soltanto il talento Insigne, che, lo testimonia il rapporto quantità di tempo giocato e apporto assicurato (anche in nazionale), è calciatore punto di riferimento e non ragione di attesa di quella “crescita” tanto sbandierata.
Una domanda che porta con sé un curiosità non da poco. Cosa ne sarebbe stato di un certo Hamsik, se, a suo tempo, in panchina ci fosse stato Mazzarri al posto di Reja?
Sebastiano Di Paolo