Follia genuina. Un ritorno al passato che aiuta a tracciare il sentiero delle nuove avventure. Il Napoli è tornato ad essere re delle rimonte e delle vittorie al cardiopalma. Atalanta, Torino, Milan, Cagliari: successi rocamboleschi, emozioni allo stato brado, coronarie terremotate. Ultimi minuti in apnea, quando in campo c’è l’azzurro anche l’istante più trascurabile può indossare i panni della star.
Una caratteristica rintracciabile nel codice genetico del nuovo corso De Laurentiis, probabilmente in un intero popolo. Edy Reja ci ha regalato lacrime sul fotofinish in ogni categoria. In serie C, nel maggio 2005, non ha ancora trovato una spiegazione scientifica il 3-2 al San Paolo ai danni del Foggia: sotto 1-2 al 90′, nei minuti di recupero Pià e Scarlato scatenavano l’apoteosi. In B è emblematica e forse decisiva nel discorso promozione la vittoria di Frosinone nell’aprile del 2007, quando i partenopei in 10 ribaltavano lo svantaggio iniziale con i sigilli di Sosa e Trotta. Nel primo anno di serie A, con al timone ancora il tecnico goriziano, la matricola terribile sgambettava le grandi e gongolava: epico il 4-4 all’Olimpico di Roma nel quale i giallorossi vennero acciuffati ben tre volte, l’ultima allo spirare del match con la firma in calce di Marcelo Zalayeta.
Giungiamo all’epoca di Walter Mazzarri. Neanche il tempo di abituarsi all’aria di Partenope ed è stato affetto dall’insano virus. Il 3-2 in casa della Juve è già in memoria bibliografica, il pari appena quache giorno dopo su un Milan avanti 2-0 fino all’extra-time è la conferma di un vizietto inquietante ma tremendamente conturbante. Presagi. Presagi di un cammino tortuoso ed entusiasmante che dura ancora oggi, ricco di momenti magici e stuzzicato da tante critiche. La capacità di complicarsi la vita e rimediare mentre scorrono i titoli di coda è un elemento trasversale in tutti gli eventi del Napoli mazzarriano. 3-2 al Bari con doppietta di Quagliarella, scoppiettante 4-3 alla Lazio con tripletta di Cavani; diversi ribaltoni al cospetto della Juve oprattutto a Fuorigrotta, tante le sofferte vittorie a Parma solitamente condite da mille polemiche.
Quest’anno la squadra azzurra sembrava aver assunto una maturità tale da gestire gli incontri evitando batticuore, requisito fondamentale per lottare ai vertici. Il blackout di febbraio ha sconvolto un po’ il processo evolutivo, rispedendo in un frullatore certezze e speranze. Da qualche giornata il Napoli è uscito dalla cava buia e opprimente affidandosi ai suoi istinti primordiali. Carattere, caparbietà ed un pizzico di pazzia, chiuse nel baule della giovinezza, hanno dimostrato quanto carbone possono ancora fornire al braciere. La classica sindrome di Peter Pan, croce e delizia di ogni essere umano. Non accantonare mai il bambino che c’è dentro di noi, in tante circostanze della vita può risultare uno strumento indispensabile.
Il Napoli è ormai maggiorenne, ma il patrimonio di insegnamenti ottenuti in passato debbono necessariamente passeggiare a braccetto con la sua ombra. Con gli accorgimenti scaturiti dall’esperienza. Perchè questa non è solo una squadra che rimonta, ma anche rimonta-ta dalle ceneri di futili accuse e nefasti pronostici. Il merito primo è di mister Mazzarri. Circondato da un vortice di voci sibilline, ha saputo ricompattare il gruppo, imparare dai propri errori ed instaurare una nuova armonia. Gli azzurri hanno ritrovato la cattiveria nella selva in cui lui stesso l’aveva smarrita. Una creatura dissennata e ingenua come quando muoveva i primi passi. Ma con una fisionomia dai contorni netti e la capacità di assumersi le proprie responsabilità per realizzare gli obiettivi preposti. Adulta.
La ciliegina sulla torta di questa crescente sinfonia non poteva che essere il Cagliari. Rivale acerrimo dalla fine dello scorso millennio e burbero compagno di giochi del Napoli ancora infante. Un tabù appiccicoso, fino alla cavalcata di Lavezzi al Sant’Elia nel 2010 che bruciò tutte le scaramanzie. Prima vittoria contro i sardi dal ritorno in A. Manco a dirlo, al 95′. Da allora tante bacchettate ai “nemici” isolani, l’amichetto azzurro aveva messo la testa a posto ed oltrepassato le mere diatribe campanilistiche. Domenica scorsa un nuovo tuffo in ludoteca, prima del rientro nei ranghi griffato Insigne. Dallo scugnizzo argentino a quello nostrano, verace. Entrambi, in qualche modo, allevati da madre Partenope. Basta divertirsi e fare “ammuina”. Basta creare preoccupazioni a chi ti vuole bene. Ora sei diventato Grande, Napoli.
Ivan De Vita
Riproduzione riservata