Pioggia di soldi. Pioggia di sogni. Il secondo posto in classifica certificato nella gara di Bologna e l’accesso diretto alla fase a gironi di Champions League assicurano al Napoli un valido tesoretto da cui attingere per un restyling da regina d’Europa. Circa 13 milioni cash nell’immediato, a cui vanno aggiunti i ricavi ottenuti tra merchandising, diritti televisivi e risultati effettivi nella maggiore competizione continentale.
Pioggia di soldi, insomma. Ma che sia una grandinata capace di dipingere tutto d’azzurro, non un’alluvione che comporta solo danni e strascichi. 50 milioni per il prossimo mercato, ha stimato Il Mattino. Se ne potrebbero accumulare almeno un’altra ventina dalle cessioni definitive di calciatori come Gargano, Cigarini, Fernandez e Edu Vargas. Serviranno a plasmare una creatura celestiale, a prescindere che il suo angioletto per eccellenza (con le corna d’oro) resti o meno. Si discute tanto della permanenza di Cavani e Mazzarri alle pendici del Vesuvio. Argomento trito e ritrito, ma inspiegabilmente ancora integro. In realtà tutto ruota intorno ai progetti futuri. La montagna di bigliettoni avrà fondamenta stabili su cui poggiarsi?
De Laurentiis ha parlato di “semina giusta per altri cinque anni da cazzuti”. Con la sua verve da oracolo ha sempre ammaliato tutti. Ma per fortuna dietro la sua corazza da attore hollywoodiano non soggiorna un venditore di fumo. L’evoluzione del suo giocattolo è indiscutibile. Certo è che le sue promesse spesso hanno esaltato l’intera piazza, eppure il rettilineo finale si continua a percorrere con il freno a mano tirato. Affannosa scalata.
Bando alle ciance, mi spiego. L’anno passato il gruzzolo in cassaforte sfiorava i 70 milioni di euro. Ma la campagna di rafforzamento, specialmente in estate, ha lasciato l’amaro in bocca. Behrami il colpo da copertina, poi il riscatto di Pandev, Gamberini, El Kaddouri. Insigne per rimpiazzare Lavezzi a costo zero. Dinamite inesplosa. Quella sensazione di bello incompiuto che ha mostrato tutte le sue magagne in Europa League. Proprio quella coppa che ieri sera ha alzato un Chelsea tutt’altro che inaffondabile. Chi di noi non smette di domandarsi: eravamo così inferiori?
Mancava poco. Tanto così. Mancava la voglia di osare. Stesso discorso in campionato, dove però si è lottato spalla a spalla con la Juventus con impegno e perseveranza. La resa al San Paolo, il primo marzo. La dimostrazione che questa squadra è un non plus ultra, almeno allo stato attuale. Aveva raggiunto il suo apice. Impossibile arrampicarsi oltre, anzi si è rischiato di rotolare a valle. L’annata è stata certamente applaudita perchè il ritorno in Champions è segno di costanza e ambizione. Ora, però, i tempi sono maturi. E’ giunta l’ora di vincere.
Mazzarri è in attesa di una spia luminosa proveniente dalle prospettive del suo presidente. Basta fare miracoli con rose ridotte all’osso, basta addossarsi pressioni e responsabilità che non gli competono. E io ho paura. Ho paura di questa incertezza. Se l’artefice di tutti i nostri successi deciderà di abbandonare la nave, non avverrà per “Schettinofrenia” improvvisa. E nemmeno per una questione di stimoli. Cosa proverebbe il mister toscano a vedere il Napoli, allevato e difeso con amore, vincere con un altro seduto in panchina?
Lacrime, sguardi e abbracci di domenica scorsa sapevano troppo di addii annunciati. O di “grazie mille” per la bella festa. Eppure stiamo solo allestendo gli addobbi, il gran galà non è alle spalle, ma davanti a noi. Aurelio illuminaci la strada, invitaci a credere in qualcosa di grande. Le bandiere non esistono più, ma le asticelle per reggerle non devono mai mancare. Gli obiettivi innanzitutto, il resto si costruisce intorno. Mirare, puntare, fuoco.
Ivan De Vita
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