“Tu non ricordi la casa dei doganieri/[…]desolata t’attende dalla sera/in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri/e vi sostò irrequieto/[…]il suono del tuo riso non è più lieto/e la bussola va impazzita all’avventura/e il calcolo dei dadi più non torna./Tu non ricordi; altro tempo frastorna/la tua memoria”
Oggi mi sento così, come Montale e il suo gioco tragico della memoria. In un attimo, in un preciso grano di tempo qualsiasi, ciò che era ed è ancora presente ha smesso i suoi abiti di festa, ha assunto nuove pose, quelle desolate e malinconiche del ricordo. Un intero squarcio di anni oggi geme sotte la pala del becchino e il freddo della terra. Noi muti spettatori di un presente che già nutre i vermi della decomposizione, di una devastazione che è avvenuta ad onta del nostro orgoglio ferito che ha bisogno di dire” Meglio così, arriverà uno straniero, eravamo stanchi”.
Mazzarri va via. Non ho utilizzato andrà, ma “va via”. Un presente che tiene a sè il futuro, un’ora che celebra un distacco, un addio lento, e per questo atroce. Ci saranno nuovi volti, ci sarà un altro nome a riempire la casella della panchina, ma questa stagione da oggi è pura memoria. Con Mazzarri che decide di tagliare il filo anche noi scivoliamo nel vuoto, in una cornice che non ha senso.
Le campane del mio cuore oggi annunciano morte. E’ morto un pensiero, un’abitudine, una voce, un gesto (quell’orologio additato fino a far pentire Dio di aver inventato l’eternità). Il pomeriggio mi ha recato una lettera amara, e da domani sarò costretto a reinventarmi, a riposizionare la mia mente sullo spartito del vento nuovo.
Certo è strano – e a pensarci così profondamente sconsolato – realizzare come in un giro di clessidra la realtà che si vive approdi ai lidi dell’inconsistenza, diventi fantasma e poi memoria da tenere in vita con il ricordo, con la parola che rievoca e ridona vita. Forse da domani sarà così con Mazzarri, diventato solo un incidente del tempo, un’ “occasione” per riannodare il filo di una storia più grande. Forse Mazzarri sarà il pretesto e il semplice aggancio che noi utilizzeremo per collocarci nel passato informe. Il mister diventerà un riferimento temporale che ci aiuterà a ricostruire la nostra storia personale. “Mia figlia è nata quando il Napoli era allenato da Mazzarri”, sono frasi che forse pronunceremo. Così un uomo in carne ed ossa, gravido di passione e d’amore diventerà un amo, una fune su cui camminare per andare a prendere il nostro tempo andato.
Come sono triste stasera, e queste parole, questo mio sentire si spegneranno nella mia memoria come qualcosa che appartiene solo a me. Non ci sarà l’altro, il destinatario, a mantenere il filo per l’altro capo. Ed allora posso ancor dire con il mio amato Montale “Tu non ricordi la casa di questa/mia sera. Ed io non so chi va e chi resta”.
Carlo Lettera
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