Napoli Stoccarda \ Quando si dice un sogno. Che giorno, quel giorno. Per chi era ragazzino, nell’89, il 17 Maggio fu una di quelle giornate in cui valeva la pena di lasciare soldatini, lego e figurine dei calciatori, per andarsi ad affacciare per le vie del centro, in cui tutto era un rievocazione alla partita che da lì a poche ore avrebbe avuto luogo nella grigia Stoccarda. Improvvisati venditori di gadgets, bandiere di ogni misura e gusto, sciarpe rievocative tutt’altro che ufficiali, manifesti a lutto e fasce commemorative per quella che sarebbe stata la morte certa dei tedeschi, personaggi sempre stati sobri e composti improvvisamente in preda a raptus di folklore e tifo, nevrotici e ansiosi per una partita che avrebbe messo la città intera al centro dell’Europa anche solo per una notte. Si sentiva forte, più che mai, quel senso d’appartenenza che oggi latita, ci sentivamo fieri ed orgogliosi di essere di Napoli, specialmente quel giorno. Forse la vittoria di una competizione europea da più gusto proprio perché si ha l’impressione che quel giorno i cittadini europei vengano a farti visita un po’ da tutte le parti, come ospiti improvvisati, spaesati, ignari di chi e cosa ci si trovi di fronte, una cultura ed una civiltà così diversa eppure così accattivante, quasi da emulare per spirito di partecipazione e passione per la propria terra.
La gara d’andata era terminata a vantaggio degli azzurri, ma come sempre capita quando si vince per 2-1, il risultato può cambiare da un momento all’altro. C’era quel maledetto bisogno di fare gol e farlo subito, altrimenti Klinsmann e Gaudino, i migliori elementi di un sorprendente Stoccarda, avrebbero potuto mettere seriamente in pericolo una festa che sarebbe esplosa da lì a poco. L’imbrunire della fresca e piacevole serata di Maggio comincia a fare capolino, tutti i napoletani tifosi cominciano a fare ritorno alle proprie case oppure in casa di amici o parenti per festeggiare quasi come fossimo a Capodanno, le strade deserte e un lungomare di Mergellina da spavento, con un silenzio quasi come fossimo in periodi di coprifuoco, fa da cornice ad una serata speciale, che s’attende da tanto, una vita, e spesso una vita potrebbe non bastare. I cronisti di allora, Galeazzi dallo studio, il buon vecchio Pizzul con il suo magistrale timbro di voce calcistico, fanno compagnia raccontando di formazioni e precedenti finali del passato, mentre ognuno di noi, fedele ed in rigoroso silenzio, consuma una cena che ha il sapore della vittoria ed il retrogusto della paura di poter vincere, noi, proprio noi che mai sino ad allora varcammo mai la soglia della strada che porta alla coppa.
Basta coi piagnistei e il panico da prestazione, siamo qui, siamo pronti, squadre in campo, segno della croce e che San Gennaro ci accompagni fino alle “strasse” del Neckarstadion. Inizio timido, piccoli brividi lungo la schiena, primi minuti difficili ma “adda passa ‘a nuttata”. Batti e ribatti difensivi, non si riesce a metter palla a terra, ma quando lo fa, il Napoli, al ’18, è letale. Diego illumina Alemao che sfrutta il “buco” che decanta Pizzul, uno-due, palla in area, il biondo riccioluto brasiliano tocca la palla quel tanto che basta per farla finire in rete. Delirio sulle tribune, tanti napoletani quasi quanto i tedeschi, temerari paladini a difesa della propria squadra del cuore. A raffreddarli ci penserà Klinsmann con un colpo di testa perentorio su cross da calcio d’angolo di Sigurvinsonn, e dopo nemmeno ’10 minuti è 1-1. Sembra un brutto colpo, anche perché i biancorossi cominciano a premere, ma al ’39 Ferrara non si fa sfuggire l’occasione di un cross di testa di Diego, raro come la neve a Napoli, per portare in vantaggio gli azzurri alla fine del primo tempo. Che gioia per Ciro, lacrime e sorrisi, lui, proprio lui, un napoletano a Stoccarda come tanti, ma non sul terreno di gioco. Nella ripresa la squadra tedesca si deve arrendere dopo averle provate tutte, causa un contropiede letale orchestrato da Diego e da Careca, in campo con la febbre 39°, proprio come il minuto del gol di Ferrara. Il suo 1-3 avviene al ’62, dopo un ora di gioco, ed ha i tratti somatici del sigillo alla coppa. Ci si mette però quel matto di De Napoli a rendere vivo il finale di gara, prima con un autorete su tiro del napoletano emigrante Gaudino, e poi con un retropassaggio che apre le porte al 3-3 di Schmaler, che arriva oramai al ’89, quando non c’è più nulla da fare, perché la coppa Uefa, trofeo ambito all’epoca, parla con uno spiccato accento napoletano.
In città scene mai viste, giovani, anziani, donne e bambini con i mezzi più disparati usati per far rumore, pentole, trombe da barca, strumenti dimenticati in cantina, balli improvvisati con passanti, e poi bandiere, fuochi, corse nei vicoli e nel centro storico, dove il traffico questa volta ha il sapore dolce di una vittoria attesa una vita. Con l’augurio che la nuova generazione di tifosi che non ha avuto la fortuna di vivere quei momenti, possa farlo al più presto.
Ecco le immagini della gara :