BENITEZ CHELSEA | Guardiola, Mourinho, Hiddink, Ancelotti, Wenger, Capello, Benitez. Diciamo la verità: chi vuole andare sul sicuro pesca da queste parti. Pensa a questi e a pochi altri allenatori con titoli e medaglie per mettere su qualcosa di vincente. Certo, con Roberto Di Matteo in panchina il Chelsea aveva vinto una Champions che prima non aveva vinto mai, ma dentro e fuori dello Stamford Bridge girava la storiella che “mister Bob era figlio di una squadra che s’era data da fare soprattutto per dimostrare a tutti che la guerra fatta a Villas Boas era una guerra giusta”. Una semplificazione che in verità non rende onore a Di Matteo, ma, cert’è, cominciata la stagione nuova, appena può il signor Abramovich lo mette alla porta. Rivuole Mourinho, il grande capo, ma deve aspettare. Gli serve un traghettatore. Ma di nome. D’esperienza. Di carisma già riconosciuto. E allora pesca là. Pesca Benitez che è fermo da quando ha lasciato l’Inter, ma che quei mesi di viaggi o di riposo nel verde di Wirral – nel Merseysite, alla periferia di Liverpool dove ha casa e dove resterà la sua famiglia anche quando sarà a Napoli – l’ha trascorsi a studiare ancora calcio e a convincersi che il 4-2-3-1 può essere il modello del futuro. E destino vuole che una mano gliela dia addirittura Di Matteo, il quale per la squadra ha già disegnato proprio quel modello. Cosicché, a Benitez non resta che imboccare quel sentiero e andare avanti. Però rendendo l’organizzazione più solida e sicura. Infatti, accorcia le distanze tra reparti e giocatori e il Chelsea che prima era un po’ “scollato”, un po’ senza misure, ne guadagna immediatamente.
METAMORFOSI – Ma non solo. Don Rafael cambia parecchio anche in quanto a nomi e posizioni e un po’ alla volta pure questo frutta. In difesa, ad esempio, Ivanovic non è più terzino destro ma centrale e fa coppia con Cahill perché David Luiz, difensore quando c’era Di Matteo, con lui diventa mediano assieme a Lampard. Sì, David Luiz mediano è una sua invenzione. Forse l’intuizione migliore della sua esperienza londinese. Ma niente male è anche la trasformazione di Ramires da mediano in esterno destro. O come il posto fisso di Mata alle spalle della prima punta. Insomma, ci mette molto del suo, Benitez, nella felice trasformazione della squadra. Ma lui così fa: studia il calciatore che ha a disposizione, magari si convince che può far meglio in una posizione diversa da quella alla quale è abituato e se è così lo chiama e più o meno gli fa questo discorso: “So che hai sempre giocato in questo modo, ma per me devi giocare in quest’altra posizione. Ci stai?”. Beh, anche per ovvie ragioni in pochi gli hanno detto no. Ma anche in pochi, alla fine, non l’hanno ringraziato per il nuovo ruolo.
TERZO IN PREMIER LEAGUE – Insomma, è vero che da Di Matteo a Benitez il modulo non cambia, ma il 4-2-3-1 del nuovo arrivato è tutta un’altra cosa: altri movimenti, altra organizzazione, altra velocità, altro rendimento, altra rappresentazione, altra interpretazione e, ovviamente, altri risultati. Tant’è che dopo 48 partite complessive con una media vittorie del 58,3 per cento, Benitez porta a casa un terzo posto che vuol dire Champions e quella coppa dell’Europa League che mancava nella bacheca degli inglesi. Ma c’è un altro successo al quale forse Benitez tiene più di tutti: l’aver trasformato quantomeno in timidi consensi i sorrisetti ironici, le diffidenze e persino le ingiurie del popolo dei Blues che non gli ha voluto mai bene per quei suoi trascorsi da “diavolo rosso”. E’ a Londra, insomma, che Benitez mette a punto quel modello tattico già sperimentato altrove ma poi messo da parte. E se stavolta va avanti dall’inizio alla fine della sua avventura londinese una ragione c’è. E sta nell’aver finalmente trovato giocatori con le caratteristiche giuste per quell’applicazione. Sarà così pure col Napoli nella prossima stagione? Probabilmente sì. Ma tranquilli: Benitez, infatti, non è di quegli allenatori che all’occorrenza non sanno cambiare idea e disegno.
Fonte: Corriere dello Sport