A scuola di Signorilità

L’attrazione della serata dell’ Olimpico è stata, senza dubbio, il reciproco scambio di cortesie tra Rosi e Lavezzi: lo sputo è senza dubbio uno dei gesti più vili che si possano tollerare in campo. Voce alta, imprecazioni, intimidazioni verbali, calcetti da dietro e contatti fisici volontari costituiscono i copioni più formali sul quale si sciolgono i nervi e si innesca la contrapposizione. Gli eccessi vengono sempre mantenuti per il timore della massima sanzione. Ma la vicenda degli sputi è qualcosa che inorridisce il più romantico dei tifosi, innamorato della correttezza sportiva mentre lascia indifferente il frequentatore dei campi di periferia. La poca raffinatezza mostrata dai protagonisti in campo viene furbescamente ricercata dagli addetti ai lavori che subito hanno cercato di montare un caso nel nome della giustizia sportiva. La legittimità di dare lumi alla vicende viene schernita da un’insaziabile febbre da gossip, nello stile più vicino a quello dei tronisti che non a quello dei cronisti. Giustamente Mazzarri, irritato dalla cosa, decide di non partecipare al siparietto.

La tacita legge del calcio, ossia “tutto quello che succede in campo resta nel rettangolo di gioco”,  viene violata dallo stesso Rosi. Il giocatore della Roma, piuttosto confuso e titubante, ammette ingenuamente di essere stato lui a cominciare nella saggia pratica del lama, perché istigato, a parer suo, da un gomitata di un nervoso Lavezzi.  Purtroppo le cose stanno diversamente perché  sotto l’inesauribile occhio delle telecamere nulla sfugge. Il nervosismo è da ricercare più nel giocatore romano che nell’asso argentino, per varie ragioni, ma una su tutte: era fuori ruolo. Il Pocho ha commesso il banale errore di cadere nella trappola, ma proprio lui che è un sudamericano sa che queste scaramucce sono lo sfondo su cui si affrontano le partite più ostiche. Adesso quello che preoccupa è il verdetto del Giudice Sportivo, perché una squalifica di Lavezzi ( ricordiamo che Cavani è diffidato, ndr) nella possibile sfida ad alta quota contro il Milan, è plausibile. Speriamo nella clemenza dell’autorità sportiva e nella sua valutazione dei fatti e delle stesse deposizioni del coautore della villaneria. È stato un atto che non si sposa con il Fair Play, siamo tutti qui a riconoscerlo, ma penalizzare uno del trio delle meraviglie più del dovuto è un’altrettanto gesto indecoroso.

La sete di sportività generata dal cattivo comportamento in campo viene appagata da un impeccabile Claudio Ranieri in versione “maestro di eleganza”. Diversamente dai suoi colleghi Leonardo (in occasione dei Quarti di Coppa Italia) e del burbero Del Neri (appena due settimane fa ai microfoni di Mediaset recriminava ancora una presenuta regolarità del gol di Toni al San Paolo), il tecnico romano è schietto nell’affermare la superiorità del Napoli: “Pressavano in ogni zona del campo e non riuscivamo a imbastire un’azione”. Va sottolineato un altro plauso a Ranieri che in conferenza stampa, nel suo pacato english style, non si nasconde: “io non ho paura, sono sempre pronto a lottare, non dobbiamo nasconderci dietro alla scusa che la società sta cambiando il padrone[…] i soldi li stiamo prendendo, e allora pensiamo a giocare a calcio”. La signorilità dell’uomo Ranieri, non a caso grande allenatore, dovrebbe fare scuola a chi fa un uso volgare, sportivamente parlando, della televisione. Stiamo parlando di Silvio Baladini che qualche giorno fa a Sportitalia dava adito alla sua lombrosiana teoria che vedeva la passionalità dei tifosi del Napoli proporzionale al tasso di disoccupazione in città. Forse il tecnico toscano con tendenze leghiste, prima di superare il corso a Coverciano avrebbe dovuto frequentare “la scuola di signorilità” del buon Ranieri.

Alessandro D’Auria

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