L’attesa non ha più bisogno di montare, di scivolare imbandierata dalle strade e dalle piazze sino a Fuorigrotta. Non ce n’è bisogno. Fuori dei cancelli stanchi di vecchiume e aspetta solo d’infilarsi nei tornelli per mostrarsi. E’ vero, è così dovunque quando dopo tre mesi e passa d’astinenza ricomincia il campionato, ma a Napoli stavolta c’è di più. C’è la curiosità, la voglia, la necessità di scoprire com’è per davvero questo Napoli spagnolo. Com’è questa squadra passata dalle sofferte, silenziose, ancor giovani rughe di Mazzarri alla rotondità del sorriso coinvolgente di Benitez. Dal credo della difesa a tre al vangelo della linea a quattro. Dalla seriosa e remunerativa scuola del vecchio contropiede a quella più spavalda del palleggio e poi della giocata che fa male. Perché il Napoli è stato rivoltato qui: nella testa, nelle abitudini, in quelle che dopo quattro stagioni di soddisfazioni e passi avanti sembravano irrinunciabili certezze. Rivoltato, sì. Rigirato su se stesso. Scucito e ricucito. Ecco perché stavolta l’attesa azzurra è più viva e più vivace. Ecco perché il nuovo Napoli di Benitez ha pure convinto tanta a gente a scappar via dalle vacanze un giorno prima negando l’ultimo tuffo a mogli e figli non proprio felicissimi per quest’ultimo, accorciato week end della stagione.
ATTESA – Ma il Napoli è il Napoli e, si sa, con gli affetti non si scherza. E allora, in cinquantamila saranno stasera al San Paolo per il primo sospiro col Bologna. Canti, balli, moine di cheerleader scosciate e fuochi d’artificio. Un’aria di festa prima della festa vera. Quella che da subito pretende la passione azzurra che quest’anno vuol pensare solo in grande. Del resto, se pensano così il signor Benitez e i suoi guaglioni – quelli vecchi e quelli nuovi -, se prima di tutti proprio loro sbandierano propositi fieri di scudetto e anche di più, perché mai dovrebbero poi essere i tifosi a mettere il freno a voglie, desideri, fantasie, quando è proprio di questo che si nutre il tifo? Eccola, dunque, un’altra discontinuità col Napoli di ieri. Quello, l’altro, s’è sempre un po’ nascosto. «Vedremo. Nessuna promessa. Si farà il possibile in Europa e qui da noi» , diceva. Questo no. Questo tira su un sospiro lungo e si presenta immediatamente a petto in fuori. Atteggiamento, in verità, anche un po’ dovuto. Diciamo in linea con l’investimento che c’è stato. Del resto: si possono spendere sul mercato del pallone – depositandoli quasi tutti oltre confine – ottanta e più milioni e poi ragionare da meschino? No, non si può. E, infatti, il Napoli è cambiato pure in questo. Poi, è ovvio, e a cominciare da stasera, le sue fierezze dovrà mostrarle in campo. Toccherà alla vecchia guardia tener stretto il filo col passato, quello della memoria che non deve mai mancare, e toccherà ai nuovi convincere che è tutto vero quel che è stato raccontato di loro sino ad ora.
AVVENTURA – Vecchi e nuovi. I simboli? Facile: Il marchesino Hamsik e il principe Higuain. Al primo questa nuova stagione e questo nuovo Napoli offre il titolo di leader. In cambio, però, gli chiede di tirar fuori sempre quel carattere che a un leader non può e non deve mai mancare. A Higuain, invece? beh, qui facile: al Pipita la passione azzurra chiede almeno di non far rimpiangere quel Matador che cedendo al richiamo del danaro ha scelto d’andar via. Perché, l’avrà capito pure lui, per Higuain questo sarà l’anno del confronto. Inevitabile, scontato, ora irritante e ora anche esaltante con quel mostro da 104 gol in 138 partite che l’ha preceduto. Calma: nessuno può chiedere al Pipita di fare lo stesso e anche di più, ma è evidente che sul suo piede buono si sono concentrate la maggior parte delle speranze azzurre. Ma il Principe argentino nato per caso in Francia ha spalle larghe. Lui che nel passato più recente è stato di fianco a giovanotti che si chiamano Robinho, Huntelaar, Saviola, Van Nistelrooy, Raul, Kakà. Benzema e tale Cristiano Ronaldo non si tira indietro. «Napoli mi ha affascinato» , ha detto. Bene, caro Principe, ora tocca a te affascinare, stregare e rapire il popolo azzurro del pallone.
Fonte: Il Corriere dello Sport