Il Marek che bagna Napoli è in quell’onda anomala che a cresta altissima avanza imperiosamente verso l’Olimpo degli Dei: “Sarebbe bello battere il record di Maradona“. La settima stagione è già meravigliosa, un intruglio magico ch’è sintesi di talento: e mentre Diego resta nella sua immensità a dominar l’universo la settantaduesima rete è una speranza in più per avvicinarsi all’ultimo Imperatore d’una città in estasi.
Si scrive Hamsik e si legge fedeltà, la scelta di vita controfirmata ad oltranza, per il momento sino al 2018, un desiderio crescente d’emozioni e di serenità interiore, la riconoscenza per aver ricevuto almeno quanto concesso: “N0n ho mai avvertito il desiderio di cambiare: io qui sto bene e ci sta bene la mia famiglia, sono felice di esserci“.
Lui e Diego: la sfida infinita procede a suon di gol e però poi c’è l’età che consente di crederci e la materia grigia che rafforza le aspirazioni, induce ad avvicinare al mito per farlo vacillare almeno nelle statistiche, per concedersi motivazioni ulteriori, per allargare gli orizzonti che pure sono entusiasmanti e assolutamente indefiniti: “Spero che questa sia un’annata nella quale il Napoli possa vincere qualcosa d’importante“. La Coppa Italia è in bacheca, ormai un orpello delle proprie fantasie, la miniatura d’una favola nella quale hanno priorità assolute lo scudetto e quell’atmosfera magica della Champions: “La Juventus è la favorita ma noi ce la metteremo tutta“.
Hamsik, Hamsik, settantadue volte Hamsik, di destro e di sinistra, talvolta di testa e dal dischetto, tra torsioni e contorsioni, raschiando il fondo d’un campionario infinito, espresso attraverso la veronica e poi lo slalom che contro il Bologna è stata utilizzata per destabilizzare (prima) Garics e (poi) Curci e infiammare il San Paolo come solo lui in questo momento: «Ma io, lo sapete, penso innanzitutto alla squadra: e ciò che conta è stata la vittoria». Hamsik più Hamsik, per sistemarsi sempre più nei pressi di Savoldi, per cominciare ad intravedere il settimo posto tra i marcatori di tutti i tempi, per ribadire la propria fertilità nella fase ascendente della stagione, per restar se stesso e non indietreggiare mai, men che meno nel momento in cui Benitez gli ha chiesto di essere vicino a Higuain, un attaccante aggiunto.
Casa e campo, perché l’uomo è in quel senso di professionalità diffusa ch’emerse sin da dalle fasce e che a Napoli s’è manifestata dal 2007, dal giorno dell’avvento: Castel Volturno è l’epicentro dei propri pensieri, l’habitat naturale scoperto e difeso persino da qualche intrusione fastidiosa, anzi dolorosa, e però catalogata come imprevisto della quotidianità. Napoli è lì, ad un passo da Hamsik, da vivere attraverso salutari passeggiate in Piazza dei Martiri o in via Calabritto, in Via Filangieri o in via dei Mille, e però puntando sempre dritto al cuore della gente, che batte non solo al San Paolo: “Sento l’amore dei tifosi, sempre“.
Sette anni, un quarto della sua esistenza: slovacco e poi bresciano, prima di scoprire una vena da napoletano autentico, simbolo della rinascita e bandiera d’importazione, duecentodiciannove partite alle spalle e un destino che sembra ora inciso in quella fascia consegnatagli simbolicamente a mo‘ di testimone da Paolo Cannavaro: «Ma il capitano è lui“. Perché nel Marek che bagna Napoli, ora c’è un comandante…
FONTE: Corriere dello Sport