Esclusiva SN – Amleto De Silva: “In giro si vedono pochi giovani talenti. Scrivere non è inseguire il successo. Benitez, che serenità”

AmloAmleto De Silva è uno scrittore e umorista campano. Originario di Salerno, adesso vive a Roma. Ha collaborato alla stesura di sceneggiature e di testi teatrali con Enrico Montesano, ha scritto per Smemoranda e per Repubblica. Il suo blog, Amlo.it, è molto seguito. Di recente pubblicato, l’ebook “Statti attento da me”, ha riscosso un grande consenso da parte del pubblico.

È vero che hai dichiarato di non stimare i giovani di oggi? Uno che scrive come fai tu, che non va dietro le divisioni in categorie, non teme di fare di tutta l’erba un fascio?

Pur ammettendo che in ogni cosa esistono le dovute eccezioni, è vero, non ho una buona considerazione delle nuove generazioni. Anche tra quelli che fanno il mio stesso mestiere, tra le nuove leve non ricordo che un paio di talenti degni di essere presi in seria considerazione. Martino Pinna e Mario Natangelo, non di più. Se ai giovani proponi qualcosa del passato, sanno soltanto risponderti che è una cosa vecchia, fuori moda, anche quando potrebbero imparare molto da quella “cosa vecchia”. Conoscono solo l’imminente e praticano l’arte dello snobismo solo perché hanno poco da dire. Per non parlare dei giovani artisti che sono riusciti ad avere subito un grande successo. Ricordo che una volta uno come Guccini veniva “processato”, anche durante i concerti, e non si sottraeva alla critica, talvolta addirittura rispondeva al suo pubblico e ci si confrontava. Quando ero giovane esisteva lo “stigma sociale”. C’erano cose delle quali vergognarsi, perché disonoravano l’intelligenza. Oggi i ragazzi sfuggono il contatto umano, prendono le distanze da tutto quanto li sottoponga a esperienza e giudizio. Forse sono loro che si sono ficcati dentro una categoria, per non uscirne più. Quello che un tempo si cercava di sfuggire, oggi è diventato rifugio.

Dai tuoi articoli, dai tuoi blog, dal tuo modo di scrivere, emerge uno stile schietto, allo stesso tempo commistionato, da una specie di fusione, da un volgare metropolitano in forma dialettale. È tipico di una temperie che ha molte cose da dire, e sceglie una strada immediata, istintiva e funzionale per farlo. Allo stesso tempo, sia pur attraverso modalità immediate, quelli come te non perdono di vista la raffinatezza, la qualità. Come avverti questo conflitto, rispetto al tentativo di rappresentare una fornitura culturale alle masse che, a tuo dire, colte non sono?

La questione è delicata e molto interessante. Purtroppo viviamo tutti un pericoloso fraintendimento. L’italiano colto è di rare occasioni. I romanzi e i libri che molti considerano scritti in italiano, non sono altro che temi da primo liceo. Molti scrittori scrivono come dei pessimi liceali, incontrando i favori di vecchie professoresse facili da incantare. Rispetto alla lingua, credo che essa sia lo strumento per rappresentare le situazioni da raccontare. Se parli di un personaggio dotato di scarsa cultura, non puoi farlo parlare come un professore dell’Ottocento. La strada è questa, scegliere con cura il linguaggio adatto alla propria storia. “Ragazzi di vita” è un grande romanzo perché Pasolini lo ha scritto in romanesco. Lo stesso ha fatto Dickens, e lo hanno fatto molti grandi scrittori, di tutte le lingue. Tornando all’equivoco, dentro ci finiscono molti scrittori di successo che mirano soltanto al danaro e alla notorietà. Vogliono essere riconosciuti, tutto qui. Sono cacciatori di atteggiamenti, di pose artificiose, ma la vera letteratura è altrove, e non dipende dal numero di copie vendute.

E questo umorismo che tende alla dissacrazione a ogni costo? Pensi sia un’altra forma di imbarazzo latente, perché non si riesce a pensare a qualcosa di veramente originale? La satira, l’umorismo, sono forme espressive molto antiche, che spesso nascondono i tratti più sofferenti dell’animo umano. Come vanno affrontati?

Gli umoristi di oggi sono quasi tutti degli incapaci. E molti italiani lo sono quanto loro. Scambiamo per umoristi persone famose strapagate per raccontare storielle che una volta non si raccontavano neanche da ubriachi davanti a un falò. Le loro battute il giorno dopo non fanno più ridere, non fanno più pensare. E l’umorismo porta con sé anche il dolore. Una volta, quando lavoravo con Montesano, gli proposi di rappresentare una scena di una scolaresca che in occasione di una gita era stata portata in un centro commerciale, perchè non poteva esserci cosa più comica e triste allo stesso tempo che condurre un gruppo di studenti, in gita, a rinchiudersi dentro un centro commerciale. Tanti anni fa, in Rai, ai comici veniva chiesto di studiare le cose serie, di guardare i film d’autore, di leggere libri importanti. E non condivido neanche la scusa dell’ignoranza di massa. In fondo ci fa comodo essere ignoranti. Abbiamo accesso a tante informazioni. Possiamo arrivare dove prima si poteva solo immaginare. In qualche modo abbiamo avuto di più, ma non vogliamo guardarlo e ci rifiutiamo di usarlo come si deve.

Amleto, tu sei un grande tifoso del Napoli. Una considerazione sulla nuova squadra?

Sono contento che sia andato via Mazzarri. Mi metteva agitazione, anche quando vincevamo. Benitez mi rasserena, mi dà un’idea più divertente del calcio. Rafa sa il fatto suo e allo stesso tempo non trasferisce le tensioni. Ricordo che a ogni intervista a Mazzarri mi veniva l’ansia. Ogni pretesto era buono per fare polemiche, e questo forse si trasmetteva anche in campo. Invece Benitez è dotato di grande autocontrollo. Lui e De Laurentiis sono più compatibili, si compensano. Invece il presidente con Mazzarri era destinato a fare scintille.

Amleto De Silva è una sagoma del nostro tempo. Coi suoi spigoli e le sue smussature. Nella sua penna c’è qualcosa che scorre e qualcosa che invece non va giù e non va su. Il groppone velato dal suo umorismo è il dispiacere per un’occasione perduta. Quella di generazioni che hanno avuto l’opportunità di realizzare quanto le precedenti avevano in parte sognato e in parte perduto. E se la denuncia di uno stato di cose passi per una parola di troppo o per una guardata storta, per quelli come Amleto De Silva resta una maniera semplice per sfuggire alle ipnosi degli incantatori. Non dimentichiamo che la risata è una delle voci dell’emergenza. Lo ha scritto pure Georges Duhamel che “L’umorismo è la gentilezza della disperazione”.

La redazione di Spazio Napoli è grata ad Amleto De Silva per questa intervista.

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka      

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