L’editoriale di Deborah Divertito: “Un incontro all’angolo napoletano di Notting Hill”

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Sono stata a  Londra per la partita contro l’Arsenal. Il giorno prima della partita si rincorre sul web la notizia e il relativo appuntamento al ristorante napoletano “da Maria” perché da lì ci sarà un collegamento con una trasmissione e magari riusciamo a captare qualche notizia in più sulla formazione dell’indomani. O magari anche solo per folclore. Chissenefrega!

E invece, ci è uscito un bell’incontro, una bella chiacchierata e una dritta sbagliata sulla presenza di Higuain in campo. Signore e signori, ecco a voi Pasquale: gestore dell’angolo napoletano di Notting Hill.

Originario di Piazza Carolina, nel pieno dei Quartieri Spagnoli, ha vissuto da sempre nel rione Sanità. “Di fronte casa di Totò, avete presente?”, mi dice. Io rispondo sicura e tranquilla di poter dire la mia sulla questione: “Mia mamma è di salita Stella, mio padre dei Cristallini e io ho lavorato per quattro anni coi servizi sociali del quartiere. Sì, ho presente e adoro quei bassi e quei vicoli”. Questo mi ha posto in una posizione quasi di confidenza con quell’uomo dalle rughe sincere, il baffo da buongustaio e una polo bianca del proprio locale. Ha un cellulare vecchio stila in mano e subito ci dice che è in contatto con il figlio diciottenne, il quale è andato a prendere Carlo Alvino. Alvino parteciperà alla trasmissione di TV Luna in collegamento esterno dal ristorante e poi farà da padrino al club Napoli Notting Hill. Ne è orgoglioso, anche se dice che è capitato tutto molto per caso. Arriva a Londra 38 anni fa. “Avevo un’officina alla sanità, ho dovuto chiudere e me ne sono venuto qui che c’era già mia sorella con questo buco di locale”.

“Quindi suo figlio è nato qui?”

“Si”

“Si  è salvato!”

“No, mi sono salvato io!”. Alza il sopracciglio, lascia intendere una cosa che, purtroppo, solo noi che sentiamo puzza di camorra tutti i giorni possiamo intendere, e cioè che la saracinesca o la chiudeva lui o gliela faceva chiudere qualcun altro. Il coraggio si manifesta in tanti modi. Anche nel lasciare le cose che più si amano per andare in un posto che parla straniero, non  ti comprende e, per di più, ti regala un cielo grigio per 360 giorni all’anno. E allora, Pasquale parte.

“Conosceva l’inglese?”

“Macchè! Ho studiato poco e male a Napoli. Però uno impara. La necessità ti fa imparare qualsiasi cosa”.

“Ha lavorato sempre nella ristorazione?”

“Importavo prodotti italiani. Poi mia sorella, un giorno, si è scocciata di lavorare qui e mi ha chiesto di prenderlo in gestione. Ma sono pochi anni che ci sto io qui dentro.”

“Ma lei lo sa che è diventato famoso?”

“Io guardavo le partite del Napoli. Una passione da sempre. La partita allo stadio sempre in curva me la guardavo. Poi, quando c’è stata la partita con il Chelsea, è venuto uno di Sky che mi ha chiesto se poteva farmi un’intervista. Io stavo vestito così, da lavoro” dice sorridendo indicando l’abbigliamento non consono, secondo lui, ad un ‘intervista in tv. “Ci mettiamo vicino alla maglia di Diego e parliamo”. Lo racconta con una semplicità disarmante. E la maglia che gli ha fatto da sfondo nell’intervista è quella di Napoli-Pescara 8-2. Chiaramente, la numero 10. Ma tutti’intorno è un’esplosione di azzurro, di sciarpe, di foto, di maglie. Non manca il pensiero per Cavani, ma neanche uno per Higuain. Insomma, chiunque abbia indossato l’azzurro va onorato. Uno solo va adorato. E lo si capisce dalla sciarpa “Chi ama non dimentica”. Durante la chiacchierata ci offre un caffè. Io, da solo un giorno a Londra ma già in forte astinenza da caffeina, accetto volentieri. E nel frattempo guardo la vetrina da esposizione: parmigiana di melanzane, tiramisù, frittata di pasta. La Napoli del calcio c’è, quella culinaria pure. Per la Napoli passionale ci pensa Pasquale.

Parla napoletano lui, la moglie e, magicamente, pure il figlio. Quando il giovanotto arriva, capiamo subito chi è. Macchina fotografica alla mano, pronto a documentare tutto. È lui che si occupa della parte mediatica, del canale you tube, dei social network e persino dei messaggi sul cellulare. “Io sento la suoneria e glieli faccio leggere a lui. A volte sono giornalisti che a stento conosco. Io basta che mi vedo il Napoli e faccio mangiare bene le persone”.

Eh già! Alla Napoli passionale ci pensa Pasquale!

 

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