Finalmente è giunto “il giorno”.
Tra un grappolo di ore, prenderà corpo la “regina di tutte le sfide”, “la madre di tutte le partite”, “l’eterna e più sentita disputa”.
Ed allora, in quegli animi nei quali l’ardente impeto prevale sull’irriverente raziocinio ed in quei cuori inondati da un’indomabile bufera di emozioni, non esiste spazio per i logici e distaccati sillogismi tecnico-tattici ed, in attesa del fischio che scardinerà la trepidante ed intrepida tensione, per domare e gremire l’attesa, altro non resta da fare che parlarti accoratamente, indirizzandoti le parole più sentite e sincere, quelle che non hanno voce, ma espressione e che sono capaci di riecheggiare nel cuore all’infinito, quelle che nascono dalle visceri e che si riservano solo ad un amore vero, inestimabile, infinito ed eterno.
Mio amato Napoli, stasera, più di sempre, quando scenderai in campo, non sarai “il Napoli”, ma “Napoli”.
Perché quella contro la Juventus, non è una sfida personificata da calciatori, bensì da uomini che incarnano un ideale ed un desiderio: l’orgoglio partenopeo e la brama di riscatto di un intero popolo.
Inutile e superfluo ribadire cosa rappresenta questa partita per i tuoi figli, fratelli, seguaci, tifosi, sostenitori, innamorati e devoti, napoletani del Nord, del Sud, seminati nei più disparati ed improbabili brandelli di mondo, perché, quando incontri un napoletano vero, ovunque lo incontri, se gli chiedi della Juventus, la sua risposta è sempre la medesima, è rimasta invariata nei decenni ed eternamente rimarrà immutata.
Non ti parlerò dei cori razzisti, dei decenni di soprusi ed ingiustizie che hanno condito le vite dei napoletani trapiantati al Nord né sciuperò tempo e spazio per dedicare uno scampolo d’attenzione ai “figli ribelli” che stasera, idealmente e materialmente, sposeranno e sosterranno i colori bianconeri né ti propinerò le solite storie di ordinaria e riprovevole intolleranza. Le conosci, le conosciamo bene, sai tutto quello che c’è da sapere ed hai ben chiaro da quali input attingere agonismo, determinazione e motivazione.
Pertanto, preferisco solo farti sapere che, qualcuno, “in un mondo che non ci vuole più”, preferisce “cantare di più”, invece, io voglio, fortemente voglio che, stasera più che mai “il mio canto libero, devi essere tu”.
Ti prego, mio amato Napoli, ti prego con la stessa poderosa devozione che si riserva alle preghiere che si indirizzano al nostro sommo Gennaro, libera la tua gente: lascia partorire dal profondo dei nostri cuori, le urla più ardenti ed insopprimibili, quelle capaci di far vibrare la terra, quelle dalle quali straripa quella prepotente gioia, biglietto da visita peculiare ed esclusivo della tua gente, quelle che sanno farci sentire vivi, perché questo è un popolo che necessita di piccoli, sopraffini, semplici, ma esclusivi ed ineffabili doni per conseguire l’apoteosi della felicità.
Regalaci quell’emozione, unica, indescrivibile, prodigiosa, encomiabile, capace, più di ogni altra, di farci sentire napoletani.
Nell’azzurro della maglia che rispecchia la tua anima, vi sono imbastite le variegate, frammiste e molteplici motivazioni che illustrano in maniera assai più incisiva ed eloquente di come possa fare perfino il più minuzioso ed aggiornato degli almanacchi della storia del calcio, il movente che ti esorta alla vittoria. Negli occhi di ciascun napoletano, sono dipinte le ragioni per le quali devi vincere.
Loro dicono di essere “la storia di un grande amore”, ma non sanno che l’amore è nato a Napoli.
Mio amato Napoli, spetta a te salire in cattedra ed impartirgli questa lezione.
In bocca al lupo, amore mio e ricorda che sempre, comunque ed ovunque, non sarai mai solo.
Luciana Esposito
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