Il momento no di Marek Hamsik, tra tattica e stanchezza

05-11-13 ALLENAMENTO NAPOLI NELLA FOTO:  MAREK HAMSIKLa copertina del momento grigio-nero di Marek Hamsik è di certo l’istantanea di quel destro finito al lato della porta di Buffon, nel secondo tempo di uno Juventus-Napoli che ha fatto male non soltanto per il risultato finale. Una scelta semplice, vero? Molto più complesso, invece, è vagare tra le pieghe del calo individuale, della crisi momentanea: perché è questo il dato più significativo. Non l’errore in se stesso, che può capitare, per carità, bensì il graduale affievolimento di una luce accecante che, dopo il migliore inizio della sua carriera, è diventata fiammella. Lui, però, pensa alla squadra. E semina tranquillità:  «La sconfitta dispiace, ma non ha cambiato nulla: non c’è alcun motivo di panico».

E allora, Marek parte seconda. Quello rientrato dalla Slovacchia dopo la prima sosta della stagione: il 31 agosto parte in forma super per onorare gli impegni della Nazionale, all’epoca ancora in corsa per il Mondiale, con l’entusiasmo di due vittorie, due prestazioni di lusso e 4 gol distribuiti equamente al Bologna e al Chievo, e dopo una decina di giorni torna fuori dai giochi brasiliani – e dunque depresso – e incubando il virus di una strana trasformazione. Sì, è da quel momento che è cominciato il periodo nero: ritorna a casa-Napoli, lamenta un fastidio agli adduttori e Rafa, per non rischiare anche la (ravvicinata) prima di Champions con il Borussia, gli fa cominciare la partita del campionato, con l’Atalanta, dalla panchina. Salvo poi spedirlo in campo sullo 0-0 al 20′ della ripresa. Insieme con Callejon contribuì, sì, alla vittoria, ma da quel momento non è mai più stato brillante e spietato. Non è più stato il vero Hamsik.

La condizione fisica, allora, è stata di certo il primo ostacolo della stagione. E non è un caso che, in occasione del penultimo giro di convocazioni, di comune accordo con il Ct Kozak, rinunciò a partire: «Approfitto per sottopormi a un ciclo di terapie», dichiarò. Che sia chiaro: Marek non è infortunato, non ha un problema serio, però non è al top. La fatica, tra l’altro, è direttamente proporzionale ai chilometri che macina: lui corre e anche tanto, spesso più di tutti gli altri uomini in campo (con il Borussia e l’Arsenal, ad esempio), ma probabilmente il nuovo canovaccio non è ancora nel suo Dna.

La seconda considerazione è strettamente legata alla posizione in campo. O meglio, alla mutazione tattica di Benitez che, dopo anni di Reja e Mazzarri, e dunque di certi compiti svolti a memoria e a occhi chiusi, ha ovviamente coinvolto anche lui. Il maestro dell’inserimento e il virtuoso neofita del suggerimento, dell’assist, di cui è stato principale fornitore nella stagione precedente. Nel nuovo Napoli, Marek parte al centro del tris della trequarti e agisce quasi da regista d’attacco, svariando; e poi spesso gioca da seconda punta. Con i centrali avversari attaccati addosso. E pressa. E corre. Non è più prettamente la mina vagante e il fulmine, piuttosto è un perno con dei compiti più schematici.

Il momento grigio-nero e la sconfitta di Torino, d’accordo, però Hamsik, dal ritiro della Nazionale, predica calma e serenità: «Ci dispiace aver perso con la Juve, ma la Roma ha pareggiato e siamo sempre tra le prime tre: non è cambiato nulla per noi. Niente panico, il campionato è ancora lungo. Come sto? Bene, non accuso la fatica di tanti impegni: sono abituato. Ci si allena giocando»

FONTE Corriere dello Sport

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