Ci sono storie che vanno al di là della fantasia più estrema, seppur figlie di una incredibile realtà. Sfogliando i libri della storia “pallonara” azzurra è emblematico imbattersi in una delle leggende più marcate del calcio italiano degli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, quando prese vita la incredibile vicenda di Arnaldo Sentimenti, bracciante di un piccolo paesino del modenese, fratello di altri otto, tutti dichiaratamente impiegati nell’azienda agricola familiare, quasi condannati a faticare di brutto per portare a casa il famigerato “tozzo di pane”. Nella squadretta locale della Procalcio di Bonparto, piccola frazione emiliana, Arnaldo si diverte a parare le bordate degli avversari e non avrebbe mai immaginato che ad osservarlo ci fosse il leggendario Garbutt, mister del Napoli a quei tempi, che rimane colpito dalle capacità del ragazzo durante una partita a Modena contro i più blasonati “canarini“. “Ti andrebbe di fare una prova con noi” gli disse, “A Napoli ci verrei anche a piedi” rispose.
Cinquecentolire con un vaglia e la convocazione all’ombra del Vesuvio furono sufficienti per convincere Sentimenti II (i numeri “romani” serviranno per distinguersi dagli altri fratelli, cinque in tutto, rubati ai campi e ai vigneti di lambrusco per impreziosire le verdi distese dei campi di calcio italiani), che mai aveva visto tanti soldi tutti in una volta. L’allora presidente Savarese gli propose uno stipendio di novecento lire più vitto e alloggio in un albergo del Vomero, prima però occorreva che il ragazzo svestisse i panni del bracciante per mettersi in ghingheri e comprare qualche abito più adeguato al nuovo ruolo di calciatore del Napoli. Fu così che il presidente gli mise millelire in tasca e lo invitò a comprarsi camice, mutande, un vestito e un paio di scarpe. Di tutta risposta il ragazzo disse “Io vesto così come sono, le mille lire le manderei a casa che ne hanno tanto bisogno”. E Savarese: “Manda pure le mille lire a casa e vai da Armenio, in via Roma, a comprarti i vestiti con questi altri soldi”.
In squadra gli vollero subito bene, Garbutt lo “coccolava” offrendogli spesso uno sfilatino con mozzarella, prosciutto e burro, e lui si mise a disposizione del mister, cominciando col fare le veci di Cavanna, portiere titolare. Arrivò il debutto il 25 Novembre ’34 contro il Brescia (2-0 per gli azzurri) e fu subito amore per i tifosi, affezionati al ragazzo per quell’aria genuina che si portava dietro, atteggiamento che testimoniava la bontà dell’elemento, sincero e devoto alla società e alla città, sua nuova terra. Nel campionato ’35-’36, il Napoli stava vincendo ad Alessandria 2-0. I piemontesi rimontarono e Sentimenti, incassati due gol, venne espulso. Il Napoli alla fine vinse 3-2. Negli spogliatoi, premio partita di mille lire per tutti, tranne per Sentimenti. “Non le hai meritate” disse il presidente Savarese. Intervenne Sallustro: “Presidente, le mille lire che spettano a me le passo a Sentimenti, io gioco gratis”. Savarese si commosse e, dopo che Attila dette il suo premio al portiere, dette mille lire a Sallustro.
Anche l’indimenticabile Achille Lauro rimase folgorato da Arnaldo, si ricorda un aneddoto in cui si racconta di un’offerta della Juve, duecentomilalire ed un ingaggio invidiabile, la proposta mise il tarlo in testa al ragazzo, sempre bisognoso di mantenere la famiglia in quel di Bonparto, e quindi sempre col pensiero ai soldi e al modo per non far soffrire i suoi familiari. La notte portò consiglio, così Sentimenti II disse al presidente “Rimango perché Napoli per me è come una seconda mamma”. Nella stessa settimana trovò in segreteria una busta con cinquemila lire e un aumento di stipendio. Tecnicamente godeva di ottimi fondamentali ed un senso di posizione quasi impeccabile, fattore che gli valse la nomea di “pararigori“, soprattutto nel campionato ’40-41, dove parò sei rigori di fila, vittime illustri furono Bernardini, Piola e Meazza, non certo gli ultimi arrivati, senonché il suo nome cominciò a spaventare chiunque volesse sfatare quel tabù. Incredibile fu però l’episodio che lo vide soccombere, un modo che ancora oggi si racconta con estremo stupore.
Al Vomero arrivò il Modena, in porta Lucidio Sentimenti, il quarto dei fratelli. Il Napoli passò in vantaggio, poi l’arbitro assegnò un rigore ai modenesi. Nessuno voleva batterlo temendo le “magie” di Sentimenti II. Davanti alla porta azzurra ebbe il coraggio di presentarsi il fratello Lucidio, portiere con un coraggio da bomber. “Cosa vorresti fare?” gli intima Arnaldo, la risposta, vero e proprio guanto di sfida fu “non provarci nemmeno a pararlo, sparo una cannonata che ti potrebbe spezzare le mani“. Conclusione, finta e bomba all’incrocio, gol. Nonostante la traiettoria intuita, la palla sfilò in rete, la rabbia di Arnaldo fu tanta che le cronache dell’epoca raccontano che rincorse il fratello Lucidio per il campo, minacciando il linciaggio. Il gol del 2-1 degli azzurri, sempre su rigore (nonostante il pubblico urlò a Arnaldo di tirarlo) non placarono l’ira di Sentimenti II, offeso nell’onore dal sangue del suo sangue.
Il carattere spigoloso e attaccabrighe fu il limite del portiere azzurro, spesso espulso per motivi disciplinari, evento raro per un estremo difensore, ciononostante viene ricordato come uno dei migliori portieri che la storia possa ricordare. Era soprannominato “Cherì” per via di un motivetto che senti cantare ad una soubrette francese al Teatro Diana di Napoli, il quale divenne quasi il suo marchio di fabbrica. Fu anche allenatore partenopeo, subentrando nel finale di campionato a Vecchina, dopodiché si stabili sulla collina del Vomero dove mise su famiglia, sposando una moglie napoletana. 12 campionati, dal 1934 al 1948, 227 partite, un pezzo di storia azzurra che rimarrà sempre vivo nel cuore dei tifosi, anche per quelli che non hanno avuto il piacere di vederlo giocare.