Scugnizzo fra gli scugnizzi. Dal campo alla scrivania il passo è stato quasi istantaneo. Ma, in effetti, quel trasferimento è solo apparenza, pura forma. Perché per Gianluca Grava quella scrivania da responsabile tecnico del settore giovanile, affidatagli direttamente da De Laurentiis, è pur sempre il campo. Laddove scorrazzano (ancora) col pieno di leggerezza d’animo centinaia di calciatori in erba, laddove c’è da addizionare esperienza ma soprattutto solidità caratteriale. E allora, chi meglio di uno che conosceva i segreti dell’arte della difesa ma che sapeva anche mordere. Le caviglie dei Ronaldinho, dei Totti, Del Piero e Miccoli, tanto per fare dei nomi fra tantissimi. Chi meglio di uno degli emblemi dell’arrampicata vertiginosa del Napoli o, più semplicemente, di uno scugnizzo fra gli scugnizzi? Dalla C alla A e poi dal campo alla scrivania.
Grava, che tipo di equazione è?
«Certo, ci sono differenze, ma non abissali. E’ sempre calcio. Solo che adesso giro per i campi di allenamento facendo funzionare più gli occhi che i piedi. E’ un’altra forma di partecipazione, ma sempre molto gratificante. Una cosa diversa da quando salivo la scaletta del San Paolo col cuore in subbuglio»
Com’è ora la sua giornata?
«La scrivania solo un po’ di mattina per il lavoro organizzativo, poi i campi generalmente dalle 14 alle 20. Le formazioni sono tante e diversificate. Abbiamo una nostra casa al centro sportivo Sant’Antimo, del gruppo Cesaro, tranne che per la Primavera. Loro si allenano ai Kennedy. Certo, sarebbe meglio stare un po’ più vicini alla prima squadra. Ma un domani, chissà…»
Ecco, restando in tema, pensa che le strutture vadano migliorate?
«Tutto va sempre migliorato, e sono sicuro che si riuscirà a fare tanto».
Dalle giovanili della Casertana alla Champions, anche lei ha fatto una bella scalata.
«Ho avuto la grande fortuna di trovarmi nel posto e nel momento giusti. Nel mio piccolo sono fiero di aver contribuito»
Il brutto e il bello della sua avventura.
«Il top è stato la promozione dalla B alla A nel delirio di Genova. In senso opposto, anche i momenti dell’infortunio al ginocchio contro la Fiorentina, e del presunto illecito. Il secondo di gran lunga peggiore, perché lì non potevo contare solo sulle mie forze. A differenza dell’infortunio».
Con la prima squadra è salito di tono anche il vivaio, è arrivato Lorenzinho.
«Abbiamo diviso per un periodo anche la stanza. E’ un ragazzo d’oro, un patrimonio del club. Mi spiace che abbia avuto mercoledì quello scambio poco opportuno con parte della tifoseria. Lo conosco, è un istintivo ma anche un emotivo e sente come pochi la partita. Inoltre è innamorato pazzo della sua maglia, e tutti dovrebbero tenerne conto».
I nuovi Insigne: potrebbe essere anche un Tutino?
«E’ un ragazzo davvero molto interessante. Ce ne sono diversi nelle giovanili da seguire. Gennaro ha grandi colpi ma deve convincersi che la strada è ancora molto lunga e che il Napoli deve essere solo un punto di arrivo».
Parte il torneo di Viareggio.
«Sì, giochiamo per primi con l’Anderlecht lunedì 3. Una vetrina ma anche un’occasione in più per aggiungere esperienza»
Come la Youth League? Lì c’è stata l’impresa.
«E’ vero. Arrivare agli ottavi è già un po’ come averla vinta. Ma proveremo a rendere la vita dura anche al Real il 26 febbraio. Saurini sta facendo un gran lavoro».
C’è un sogno?
«Vorrei che crescesse il numero di ragazzi da portare in prima squadra. Miglioriamo e inoltre c’è intesa e dialogo con Benitez, Bigon e Pecchia. Sarebbe il massimo se gli Insigne si moltiplicassero per diventare un piccolo esercito. Evitando di fare spesso la fortuna di altri club. Ci metterò corpo e anima».
Fonte: Corriere dello Sport