Il Napoli finisce sotto la lente d’ingrandimento dopo l’ennesimo flop casalingo contro una “piccola”. È lungo l’elenco: Sassuolo, Parma, Udinese, Chievo, Genoa e mettiamoci anche la rimonta subìta a Bologna a tempo quasi scaduto.
Sul prato verde finora i ragazzi di Benitez hanno lasciato qualcosa come tredici punti, che più o meno rappresentano la distanza dalla Juventus capolista. Se ne avesse conquistati almeno la metà, oggi al secondo posto ci sarebbe il Napoli e non la Roma. Gli azzurri sono finalisti di coppa Italia, in piena zona Champions ed è ancora dentro l’Europa League, unica tra le prime tre di classifica ad essere in lizza in tutte le competizioni.
Ma qualcosa non gira e allora la questione è una: questa squadra può fare di più? Il primo anno dell’era Benitez è partito all’insegna di una mezza rivoluzione tecnica. Una delusione per chi sognava lo scudetto, un dato incoraggiante per chi predica pazienza e fiducia nel tecnico spagnolo. Ma un dato accomuna ottimisti e critici: la cattiva gestione di quelle partite ritenute giustamente alla portata del Napoli.
Gli esperti sostengono che la storia di una dubbia preparazione fisica sia un luogo comune da sfatare: i metodi di casa Napoli sono all’avanguardia. È più una questione di testa che di gambe. Per capirci: a una formazione dal tasso tecnico elevato come il Napoli, dagli la ferocia agonistica e la voglia di vincere della Juve e ne verrà fuori uno squadrone. Al Napoli manca anche un pizzico di equilibrio. Il suo allenatore predica un football europeo, votato allo spettacolo e alla fase offensiva, più che a quella difensiva. Inutile girarci intorno: gli azzurri applicano il 4-2-4. Il monoteismo tattico di Rafa in Italia non sempre paga: lo ha dimostrato Gasperini l’altra sera, quando nel secondo tempo ha cambiato uomini e schema prendendosi il campo e il dominio del gioco.
FONTE Il Mattino