Ormai non si discute d’altro. Non parlo della classe arbitrale italiana sempre vittima di giuste ed ormai scontate critiche. Neanche della bagarre sul valore intrinseco di Pogba, del Mondiale brasiliano, delle amichevoli al vetriolo delle Nazionali o del nuovo giovane Governo. L’oggetto della mia curiosità settimanale e quella di altre moltissime persone, è stato “La grande bellezza“, film da pochissimo vincitore dell’Oscar, che vanta tra le sue fila un bravissimo regista napoletano ed un cast metà proveniente dalla capitale e metà dalla nostra città partenopea. Un Napoli-Roma anticipato di qualche giorno, insomma. Ieri sera, per la prima volta, ho avuto modo di vedere in tv l’oggetto di tanto parlare. Due ore e più di visione attentissima, non staccando mai gli occhi dal televisore, ammaliata da quel flusso di immagini complesse ma ipnotiche. Inutile soffermarsi sulla critica della sceneggiatura o della regia della pellicola stessa, tutti elementi fin troppo soggettivi. Ciò che voglio invece spiegare, è il significato della nostra bellezza.
Credo infatti fermamente che, a prescindere se piaccia o meno, il film di Sorrentino sia un realistico e cinico spaccato delle nostre vite. Noi, più o meno giovani sempre alla ricerca del senso delle cose, indecisi su ciò che è bello e piace agli altri e ciò che invece piace a noi, senza dare troppo peso alle apparenze, all’etichetta, a ciò che il Mondo si aspetta che noi facessimo. La grande bellezza risiede nelle radici, in ciò che ci emoziona, in ciò che per noi ha significato ma che per altri può sembrare insensato o banale. Può risiedere in una foto, in un ricordo, in un colore, in una passione. Quando ripenso a queste caratteristiche, la mia mente richiama in automatico il Napoli ed i suoi tifosi. Evoca quei ragazzi scalmanati che nella loro diversità donano emozioni, speranze e piacevoli illusioni, rendendo più piena la nostra vita quotidiana che spesso, è fatta in gran parte di routine e banalità. Evoca il “San Paolo“, un luogo quasi sacro sotto l’ombra del Vesuvio al pari di un tempio pagano, che a week end alterni diventa la casa di un’unica grande famiglia, che non ha bisogno di conoscersi nei singoli elementi per capirsi e vivere le stesse emozioni. Non è un caso se, dopo una sconfitta azzurra ancor più di una vittoria, si ha solo voglia di parlare con chi ti possa comprendere senza fare domande o toccare nervi scoperti.
Ancora, evoca un intenso percorso passato ed uno futuro: i fasti degli anni di Maradona, idolo dello stesso Sorrentino citato e ringraziato proprio nella notte degli Oscar, le brucianti sconfitte in serie B, le retrocessioni ed il fallimento fino alla rinascita dell’era De Laurentiis. La grande bellezza è stato il primo Napoli-Juventus vinto al “San Paolo”, la finale dell’Olimpico con la Coppa Italia alzata in cielo da Cannavaro, le notti vincenti d’Europa e Napoli-Borussia Dortmund, fonte indiscussa di gioia pura e per me di un nuovo scenario di vita. La grande bellezza è l’esultanza spontanea di Callejon, la fantasia bruciante di Mertens, la classe di Higuain, la grinta di Reina, l’eleganza di Benitez e la simpatia scugnizza di Albiol quando dichiara che se il presidentissimo lo vedesse recitare, lo porterebbe subito ad Hollywood. E’ la maturità di Jorginho, il carattere di Insigne, la tranquillità di Ghoulam, Mesto che scalpita per tornare in campo fino a Doblas che, appena arrivato in Italia, già ama Napoli e la sua gente. La nostra grande bellezza è tinta d’azzurro ed ha casa al ‘San Paolo’, comunque vada, al di là del risultato.
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