Nella lunga schiera dei tanti buoni calciatori arrivati in maglia azzurra, probabilmente Steinar Nilsen ricopre una delle numerose posizioni sotto la voce “calciatori che non hanno potuto esprimere il loro reale valore“. Le cause, da valutare caso per caso, sono davvero tante, ma nella permanenza di Nilsen all’ombra del Vesuvio c’è da considerare sicuramente il fattore infortuni come variante compromettente ai fini di una giusta e sensata valutazione del norvegese. Arrivò in azzurro grazie all’operazione che portò Fabian Ayala in maglia rossonera, quest’ultimi valutarono il suo cartellino 12 miliardi di lire, a cui aggiunsero due comproprietà di livello, Daniele Daino e, appunto, Steinar Nilsen, entrambi pronti per essere protagonisti nel campionato cadetto che il Napoli andava ad affrontare, con la promessa strappata al Milan che a fine stagione il norvegese sarebbe ritornato in rossonero per provare a giocarsi le proprie carte. Segna al debutto nella sconfitta casalinga contro il Cosenza, dimostra qualche limite legato alla mancanza di esperienza al cospetto dei centravanti italiani, smaliziati e combattivi fino all’inverosimile, un po’ troppo per le caratteristiche del norvegese, abituato ad un calcio meno snervante, meno avvezzo ai tatticismi esasperati dei tecnici italiani.
Alle prime apparizioni poco brillanti seguirono una serie di buone prove che cominciarono a mettere in evidenza le qualità del calciatore, abile nella manovra, dotato di buona tecnica e di un gran bel tiro, caratteristiche che gli valsero anche gli elogi del presidente Ferlaino, ma proprio sul più bello la sorte gli voltò le spalle ed il primo infortunio, durante una gara contro il Cesena, lo mise fuori per alcune settimane, utili a far vacillare la sua titolarità, messa ancor di più sulla graticola da un diverbio in allenamento col portiere Mondini, i due arrivarono alle mani e Ulivieri, tecnico di quella squadra, fu costretto a sedare gli animi e a tenere ancora fuori il calciatore ex rossonero, che ad ogni modo sarà considerato uno dei migliori del reparto arretrato, nonostante non arrivò la tanto agognata promozione in A. L’anno successivo, con l’avvento di Novellino la sua permanenza in pianta stabile tra gli undici fu messa in discussione dallo stesso tecnico, salvo poi ricredersi e ritornare sui suoi passi grazie anche ad una splendida prestazione di Steinar contro il Como in coppa Italia, prova che servì a rimetterlo tra i protagonisti di quel Napoli, che si avvaleva anche della grande esperienza di Turrini e Magoni, un terzetto capace di sostenere la colonna portante della squadra.
Tutto sembrava scorrere tranquillamente per il norvegese, compreso l’andamento del Napoli che finalmente s’affacciava spavaldo verso pensieri di promozioni, questa volta senza remore e con fare disinvolto, proprio come una nobile decaduta, ma l’improvvisa e burrascosa sconfitta di Treviso fece tremare la terra a Napoli e qualcuno avrebbe dovuto pagare per quella debacle, fu proprio Nilsen una delle vittime sacrificali, a vantaggio del giovane Alessandro Sbrizzo che fino durò solo qualche settimana, la presenza del norvegese era divenuta indispensabile per un reparto bisognoso di uomini tenaci come lo era il calciatore nordeuropeo, in grado di sostenere la manovra e difendere con disinvoltura, merce rara nel campionato cadetto. Titolare fino a fine stagione, festeggiò con gli azzurri la promozione nella massima serie e giurò fedeltà alla causa partenopea, convinto anche dal procuratore che al Milan vedeva poca luce per il biondo difensore, che i napoletani ribattezzarono “Baywatch” viste le sembianze di Steinar ai divi del telefilm americano pi in voga a quei tempi.
Purtroppo però l’avventura azzurra sembrò terminare in anticipo per il norvegese, un nuovo e più importante infortunio lo mise kappaò fino a gennaio del 2001, quando la società decise di rescindergli il contratto, scatenando le sue ire, tali da aprire un contenzioso con la società partenopea colpevole, secondo Nilsen, di averlo costretto a giocare gare con la formazione primavera nonostante l’infortunio palese. La gravità del suo infortunio fu tale da dover addirittura ricorrere al trapianto della cartilagine, che lo costrinse ad abbandonare l’Italia per tornare in Norvegia, dove la squadra che lo lanciò agli albori della sua carriera, il Tromsoe, lo accolse nuovamente tra le sue fila, dopodiché divenne allenatore, carica che tuttora ricopre.
53 presenze ed 1 gol, troppo poche per poter inquadrare il norvegese, resta la certezza di un calciatore valido ma non eccelso, forse adatto alla cadetteria, in grado di dire la sua in ogni contesto, purtroppo la lunga serie d’infortuni non ha reso possibile scommettere sul calciatore anche in massima serie, dove con ogni probabilità si sarebbe potuto adattare al ruolo di sparring partner, la classica riserva in grado di tamponare e coprire i buchi di un campionato estenuante come quello che una neopromossa si apprestava a giocare.
Di seguito riportiamo l’unica rete in azzurro di Nilsen, nella sconfitta rimediata al San Paolo contro il Cosenza (1-2):