Come se fosse il cubo di Rubik: perché siamo al cospetto, piaccia o no, d’un rompicapo (in stile calcistico). Il martedì è presto per lanciarsi sulla formazione, ma è consuetudine leggere tra le pieghe d’una squadra, decifrarne gli umori e soprattutto le condizioni fisiche: sta bene Higuain, sta bene pure Britos, sta fuori squadra Fernandez (squalificato), sta così e così Callejon, c’è la coppa Italia oltre l’Inter ma San Siro va onorato, mica ci si può presentare con la stessa intensità mostrata a Parma e poi a Udine! E allora, bisogna industriarsi, cercando la soluzione più idonea che sia anche quella più logica: ad esempio, in difesa, non essendoci Fernandez, c’è un bel ventaglio di ipotesi. La prima: tenere Henrique in mezzo al fianco di Albiol, con Réveillère confermato sulla destra; la seconda, lasciare che lo spagnolo giochi davanti a Reina e Britos faccia il centro-sinistro, portando Henrique su una corsia e consegnando quella opposta, la mancina, a Ghoulam. E fin qui! Centrocampo: o due ragionatori, gente di palleggio e di cervello, o un incontrista e un architetto; e dunque: Jorginho con Inler, per fare possesso, sennò Behrami – con uno degli altri due – per andare a pressare sui mediani avversari e spezzar loro il ritmo. Ha meno possibilità Dzemaili, che però tende a essere geometrico e che nel caso potrebbe giocarsela con un regista.
L’ATTACCO. E’ assai più semplice la raffigurazione del terzetto tra le linee: a sinistra ci va Mertens, perché è fresco (non avendo giocato a Udine) e perché ha dimostrato di avere una gamba libera; a destra decide il medico a nome e per conto di Callejon – altrimenti tocca a Insigne – e alle spalle di Higuain, più Hamsik che Pandev, per una questione, come dire?, di equilibri ed anche un po’ gerarchica; però la tentazione macedone è forte, perché significa andare ad attaccare l’Inter (che gioca a tre ma sarebbero poi cinque) in superiorità soprattutto quando i suoi esterni perdono palla e capitalizzare le ripartenze. In questo caso, il sacrificio richiesto a Pandev sarebbe enorme. E comunque il momento del cuscino non è ancora arrivato: ma sul guanciale c’è il cubo di Rubik e pure un Risiko. Perché questa non è una partita qualsiasi.
FONTE Corriere dello Sport