ESCLUSIVA SN – Luca Manes: “Il modello inglese non è tutto rose e fiori. Vi spiego cosa va e cosa non va”

I tragici eventi verificatisi all’esterno dello stadio Olimpico sabato sera nelle ore precedenti la gara tra Fiorentina e Napoli; il colloquio avuto dai rappresentanti delle forze dell’ordine e dalle società con gruppi di ultrà all’interno dell’impianto capitolino, hanno riacceso la discussione sulla necessità di una legge che metta fine ad eventi del genere. E quale esempio se non quello del modello inglese emanato ai tempi della Lady di ferro Margaret Thatcher. Dell’utilità, o meno, di tale modello e dei fatti accaduti sabato a Roma ne abbiamo discusso con Luca Manes, giornalista e autore di numerosi libri sul calcio di oltre manica.

Luca iniziamo con un commento a quello che è successo prima fuori e poi dentro lo stadio Olimpico

Temo che ci sia una totale commistione di brutte storie di ultrà, estrema destra e altro. Probabilmente la verità assoluta di quello che è successo non la verremo mai a sapere. Se vogliamo dare una lettura meno negativa possiamo dire che qualcuno ha ha perso la testa in quel preciso momento. Se, invece, vogliamo dare una lettura più negativa temo che si sia alzata l’asticella e che stiamo arrivando ai livelli argentini, prima si usavano i coltelli e le pietre adesso si usano le pistole ed è una cosa aberrante. Penso che con De Santis ci siano state anche altre persone e non solo di fede romanista con in comune la fede politica. Questi personaggi hanno provocato i tifosi del Napoli e poi è scattata la rissa, in quel momento qualcuno ha sparato. L’ha fatto per paura oppure appositamente? Di quello che è successo all’interno l’impressione che si è avuta è che il calcio italiano sia in mano a dementi. Si è voluto trovare il mostro da sbattere in prima pagina proprio in colui che forse ha tenuto tranquilla la situazione”.

Luca come ogni volta che succedono eventi del genere si tira in ballo la necessità di esportare nel nostro paese il cosiddetto “modello inglese”. Tu frequenti da anni gli stadi della Gran Bretagna ce lo puoi spiegare brevemente?

“Io sono molto critico su quel modello che è fatto di legge dure e meno dure. Di base il loro il problema lo hanno risolto rispetto a quello che succedeva negli anni ’70 -’80 ma tendo a sottolineare che incidenti se ne vedono ancora oggi, soprattutto all’esterno degli stadi. Tra l’altro voglio specificare che non è vero che fu la Thacther a fare le leggi più dure ma fu nel 2000 il Primo Ministro Tony Blair. Il premier laburista permise alla polizia la possibilità di negare preventivamente l’accesso allo stadio a chiunque. Questo fu deciso soprattutto per evitare che personaggi pericolosi potessero partecipare alle trasferte della nazionale. Si ritira il passaporto, unico documento di riconoscimento in possesso dei cittadini,  e nessuno lascia il paese. E’ ovvio che le normative ferree fungono da deterrente. Bisogna anche dire che c’è stato un innalzamento dei biglietti e lo stadio è diventato più un posto per la middle class che per la working class com’era una volta. Ma nonostante ciò i tifosi vanno comunque allo stadio”. 

Cosa fece scattare l’esigenza di un inasprimento delle regole

“Dopo la tragedia dell’ Heysel e quella di Hillsborough si è capito che si era toccato il fondo e si è iniziato a cambiare scena. Anche gli stessi Hooligans si resero conto di aver esagerato. Molti di loro hanno cambiato totalmente genere dedicandosi ai rave e alla musica. Tanto ha inciso anche il cambio radicale degli stadi. I posti a sedere, l’eliminazione di barriere”.

Che tipi di controllo ci sono all’interno degli stadi

“In Inghilterra il maggior controllo lo fanno le telecamere che sono presenti sia all’esterno che all’interno degli impianti. Anche in Italia ci sono, ma dubito che abbiano la stessa funzionalità. Le telecamere ti monitorano a 360 gradi, segue ogni movimento del pubblico e funziona come deterrente. Gli incidenti capitano fuori lo stadio. Inoltre lo stadio di proprietà ti permette di decidere chi far entrare e chi no. Un elemento da sottolineare è che la polizia presente all’interno dell’impianto è pagata interamente dalla società. Ad inizio stagione i club si incontrano con le polizie locali per stilare una lista dei match casalinghi da dividere in 3 fasce in base alla loro pericolosità. Nei match più caldi è prevista la presenza della polizia, anche in un numero ampio, e degli steward. Ovviamente tutto pagato dalla società. Anche il discorso degli steward è importante. In Italia a volte troviamo persone non preparate ad affrontare determinate situazioni mentre in Inghilterra è completamente diverso. Ogni società ha una lista di numerosi steward da usare all’occorrenza, e anche fisicamente sono abbastanza prestanti”.  

Cosa dovrebbe fare l’Italia per arrivare ad una situazione simile a quella che adesso si vive in Gran Bretagna

“C’è bisogno di una serie di elementi e non solo di leggi dure e repressive. Innanzitutto c’è la priorità degli stadi di proprietà. E poi c’è un elemento molto importante che viene quasi sempre dimenticato. In Italia il 70% dei proventi di una società come il Napoli derivano dai diritti televisivi. Quindi alle società non interessa più di tanto se allo stadio arrivano 20mila o 40mila spettatori. E alle famiglie, soprattutto quelle numerose, conviene fare l’abbonamento ad una piattaforma televisiva e godersi le partite anziché andare allo stadio. In Inghilterra è diverso. Quello che, forse, non tutti sanno è che della Premier vengono trasmesse in Tv solo gli anticipi e i posticipi mentre le restanti gare possono essere viste solo dal vivo. Questo è un elemento importante perché consente l’afflusso di un elevato numero di spettatori”.

 

 

 

 

 

 

 

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