Il merchandising non ufficiale del Napoli prima fonte di guadagno per la camorra partenopea

La maglia cinque euro, la bandiera dieci. Le sciarpe cinque euro come i cappellini, ma se ne possono trovare anche di più economiche al prezzo di un euro l’una. Tutte rigorosamente con i colori della squadra azzurra, e la riproduzione di loghi e scritte, numero e nome dei calciatori più amati. È il merchandising della camorra in fatto di sport, o meglio di calcio. Perché non c’è altro settore sportivo che come il calcio attiri gli interessi della criminalità organizzata, dentro e fuori lo stadio. Magliette, bandiere, striscioni, biglietti: la contraffazione segue anche il mondo del pallone. Uno dei filoni di indagine che gli inquirenti dell’Antimafia seguono da tempo, alla luce di blitz e sequestri compiuti dalla guardia di finanza, guarda al fenomeno della contraffazione e ai settori economici in cui la camorra riesce a infiltrarsi. Il filone investigativo sul business dei falsi nel settore dei souvenir sportivi torna di attualità in questi giorni alla luce degli episodi che hanno come protagonisti alcune frange di tifosi organizzati, la camorra e gli interessi economici che girano attorno al mondo del pallone.

Sempre più redditizia e meno rischiosa di altri comparti del malaffare, in grado di rigenerare le casse dei clan, rinfoltire capitali, finanziare la latitanza dei boss, sostenere le famiglie di affiliati costretti alla fuga o rinchiusi in carcere o garantire lo stipendio a nuovi affiliati, la contraffazione è diventata negli ultimi tempi la nuova frontiera della camorra. Garantisce più guadagni della droga a fronte di rischi inferiori e soprattutto di minori investimenti. Realizzare maglie, borse o altri falsi costa sicuramente meno che acquistare una partita di hashish o cocaina dal nord Africa o dal sud America. Si punta sulla quantità. E la vendita di questi prodotti è capillarmente estesa. Da un anno a questa parte si è intensificata anche la vendita on line di maglie e gadget vari delle squadre di calcio: basta fare un giro sul web per imbattersi nelle offerte più disparate. L’ultima riguarda la maglia ispirata al capo ultras della tifoseria napoletana Genny ’a carogna.

Gli investigatori hanno già tracciato una mappa, seppure non ancora definitiva, della filiera del falso. Casoria, Casalnuovo, Arzano, Volla sono le zone dove più frequentemente la camorra impianta i propri laboratori, raramente ne crea di nuovi, più spesso si appoggia a fabrichette locali. Il clan mette a disposizione macchinari, manodopera se serve, e si occupa del trasporto della merce dai depositi a siti di stoccaggio dove i gadget falsi vengono smistati e divisi tra i vari venditori, ambulanti per lo più che li mettono in commercio nei pressi degli stadi in occasione di ogni manifestazione sportiva. Maglie, sciarpe, bandiere: spesso si tratta di riproduzioni più o meno fedeli e più o meno ben fatte delle originali che sul mercato hanno un prezzo superiore anche di sei/otto volte.

Nel mercato parallelo della camorra i più venduti sono i gadget del tifoso doc: sciarpa, bandiera, maglia. Quelli che gli ultras non indossano quasi mai, e che la criminalità realizza per farli indossare ad altri, agli spettatori allo stadio, ai bambini, ai turisti, agli acquirenti delle bancarelle disseminate su strade provinciali e a ridosso del San Paolo. E poi trombette e calendari. È accaduto che a Volla sia stata scoperta una stamperia clandestina che realizzava calendari delle squadre di calcio, in particolare del Napoli e della Juventus. Nella tipografia, utilizzata come laboratorio per la produzione dei gadget, furono sequestrate anche numerose lastre che servivano per la riproduzione e la stampa di immagini e loghi. Nella periferia nord si sono scoperte centrali del falso per la produzione di maglie e sciarpe del Napoli contraffatte.

Nel caso del falso da stadio, il business passa per i canali tradizionali della contraffazione e devia sul binario degli interessi della camorra nello sport. L’attenzione di certi clan cittadini per il calcio (leggi, in base alle inchieste della Dda napoletana, i clan della Sanità, Masseria Cardone, Secondigliano, area flegrea) ruota attorno alla possibilità di guadagni meno rischiosi e più facili del narcotraffico. E così si punta ai biglietti, ai gadget, all’abbigliamento. È un microcosmo nell’universo criminale del falso d’autore. Da problema marginale, la contraffazione è diventata un problema fondamentale per l’assetto economico della città, della regione, e addirittura del Paese considerato che a livello nazionale incide sull’economia legale con un danno pari a mezzo punto di Pil e garantisce alle organizzazioni malavitose un fatturato di oltre sei miliardi e mezzo di euro all’anno.

FONTE Il Mattino

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