Ci sono momenti in cui è palese comprendere la fine di una storia d’amore, di pallone, di successi ma anche di incomprensioni e mal di pancia. Tra le vicende più amare che i napoletani tifosi azzurri hanno sofferto maledettamente ancor più delle cocenti sconfitte delle clamorose disfatte c’è sicuramente l’ultima parte della telenovela Maradona, quando, a pochi mesi dalla squalifica per doping, si perse Diego forse in maniera definitiva, dapprima sotto l’aspetto mentale prim’ancora di perderlo per la squalifica. Riportiamo in auge quella notte di novembre, anno 1990, quando gli azzurri si apprestavano a giocare la gara di ritorno del secondo turno di Coppa Campioni, dopo aver eliminato i magiari dello Ujpest Dozsa nel doppio scontro. Il pari al San Paolo, uno spumeggiante 0-0 (già, perché può esserlo anche una gara senza gol, visto che in totale si contarono cinque legni e colossali errori sotto porta da entrambi i lati) aveva lasciato la platea delusa ma fiduciosa di poter conquistare la qualificazione in Russia, al cospetto di una compagine giovane ed inesperta come quella dello Spartak. Ma come spesso capita in questi frangenti, tra il dire ed il fare c’è di mezzo…la neve, in questo caso. Non che ci sia stata una bufera, sia ben chiaro, ma il freddo moscovita lo si avverti anche a Napoli, nel mentre della gara allo stadio “Lenin” (l’attuale stadio Luzhniki) vista in tv, in una gara che lasciava intravedere nefasti avvenimenti.
La notizia del giorno, manco a farlo apposta, era l’assenza di Maradona dalla formazione titolare, ovviamente non per scelte tecniche, ma per motivi disciplinari. Diego non partì con la squadra, con ogni probabilità i motivi erano i soliti che in quel periodo perversavano tra i mass media, riguardanti la volontà di Diego di fare esperienze altrove, meta preferita a quei tempi era il Marsiglia di Bernard Tapie, ma el pibe avrebbe accettato qualsiasi altra “grande” pur di lasciare la città e il suo “carceriere” Ferlaino, reo di rifiutarsi di appoggiare le richieste sempre più insistenti di “D10s” e far “orecchie da mercante” ogni qualvolta l’argomento cessione veniva pronunciato dalla bocca dell’argentino. Quella volta, il giorno prima della partenza, neanche una spedizione di tre calciatori azzurri direttamente a casa Maradona fu utile a fargli cambiare idea e a convincerlo di fare i bagagli per Mosca. Senza Diego la squadra atterrò in Russia convinta di d0verne fare a meno, ma invece, con il classico colpo di scena, el pibe arriva il giorno dopo nell’albergo in cui alloggiava la squadra, con volto cupo ma convinto di poter aiutare la squadra a centrare l’obiettivo. La società partenopea non la prese bene, Diego aveva preso la strada di Mosca con il suo jet privato, in compagnia della moglie, arrivando a mezzanotte inoltrata il giorno prima della gara, non contento se la prese con i camerieri dell’albergo che avevano chiuso di già le cucine, senza considerare di fare uno strappo per le voglie notturne del “campeon“.
L’occasione di fare visita alla Piazza Rossa non poteva sfuggire, e così a stomaco vuoto, in barba alla chiusura della piazza per le manifestazioni in onore della rivoluzione d’Ottobre, Diego e Claudia si presentano davanti alle transenne piantonate dalla polizia sovietica, che cede alle richieste del più grande calciatore di tutti i tempi e si mostra amichevole e ben disposta ad aprire i cancelli, non per gli amici e parenti che seguivano la scia della coppia Maradona, respinta energicamente e lasciata fuori dal centro storico della madre Russia. Dopo un altro piccolo giro in taxi si prende la via dell’albergo, quando sono quasi le 3 di notte e la gara del giorno dopo alle 17 sembra imminente. Tutti a nanna? Nient’affatto! caffè nella hall con tanto di risate e battute con i compagni di viaggio e lo staff dell’albergo, quasi a confermare che tra poche ore non sarà del match. Nonostante la bravata, nonostante le minacce della società di multarlo e lasciarlo fuori, nonostante la faccia dura di Ferlaino e lo sguardo attonito di Moggi e Iuliano, Maradona alla fine andò in panchina grazie soprattutto alla vena soft di mister Bigon, che dopo tutto dirà che quella decisione era stata presa in virtù della situazione climatica a Mosca, dove stare in panchina può essere molto peggio che sedere in tribuna comodamente in poltrona.
Giocherà mezzora, tirerà con successo il calcio di rigore nella lotteria dei penalty che però non servirà agli azzurri per passare il turno, causa l’errore di Baroni che consegnerà sui piedi di un giovanissimo Mostovoi il rigore del passaggio del turno. Piovono polemiche e accuse, la permanenza di Diego a Napoli è alla frutta, qualche capriccio di troppo e la voglia di andare via dalla morsa della città hanno trasformato un idillio quasi indissolubile in un pupazzo di neve che si scioglie come neve al sole, un sole arso dalle polemiche, alimentato dalle incomprensioni e dai mancati chiarimenti che forse avrebbero consegnato ai napoletani un Diego meno indispettito e adagiato ad un destino che oramai doveva proseguire altrove, se fosse venuta fuori quella lucida anche se amara e dolorosa verità, Maradona aveva finito il suo ciclo a Napoli e forse il calcio mondiale avrebbe conservato il suo mito per qualche altro anno ancora.
Ecco le immagini della rigida e amara serata di Mosca: