Carissimi, ormai è ufficiale: oggi sono vicina alla redenzione. Seppur parziale, lo ammetto, ma è già un grande passo in avanti. Stamattina, tra rassegna stampa, interviste ed esclusive ho avuto un impulso naturale: “Quasi quasi mi compro la maglia della Nazionale, ovviamente quella di Insigne”. Proprio io, che ho quasi rinnegato l’azzurro di Prandelli, che non mi convinceva, che non ho mai sentito mio negli ultimi tempi, cercando già da tempo una degna sostituta.
La mia prima scelta era ricaduta sul Belgio: una fucina di talenti, presa per mano dal nostro campione Dries Mertens, sul quale punto tutto. Poi, però, è emerso il sentimentalismo che, seppur raramente, mi fa visita e gli ultimi accadimenti, hanno fatto ripropendere l’ago della bilancia verso un colpo a sorpresa.
Oltre al Belgio infatti, avrei potuto tifare Argentina, la Selecciòn di Pajaro Fernandez e del Pipita Higuain, portata in alto dal D10S Diego. Come non innamorarsi di quella splendida camiseta, del calore del pubblico, che assomiglia tanto a quello partenopeo, alla crescita di Fernandez nella speranza di sempre nuove magie di Higuain. La tengo presente, ma vado avanti.
Ho pensato poi al Brasile: il paese ospite, una squadra competitiva, ricca di qualità ed estro di campioni dal talento indiscusso. Lo seguirò con affetto ma è troppo facile puntare sulle favorite, no.
La Colombia di Zuniga, senza offesa ma non l’ho mai considerata come sostituta della mia Nazionale. Diciamocelo chiaramente, la conferma della convocazione del numero diciotto azzurra è alquanto un miracolo: stona tantissimo vederlo ai Mondiali, mentre a casa un certo Radamel Falcao sarà solo mero spettatore. Anche con una sola gamba, ma doveva almeno presenziare in Brasile. Dissento nonostante sembra che la scelta sia stata la sua e vado avanti.
La mia mente va alle furie rosse, la Spagna di Albiol e Pepe Reina. Vedessi quest’ultimo tra i pali sarebbe tutto più bello. Ma si accomoderà in panchina e con lui la mia voglia di veder primeggiare il team di Del Bosque, che punisco inoltre, per non aver convocato Callejon. Non si fa. Calleti a vita.
Poi, la Svizzera. Qui mi gioco un tris: Behrami, Dzemaili ed Inler, il centrocampo croce e delizia del Napoli. Dopo un anno passato ad analizzare ogni minima sbavatura, terminando la stagione essendo tutti d’accordo di quanto l’apporto di un Mascherano possa dare qualità al reparto, per la mia serenità auguro a loro il meglio, senza soffermarmi troppo però sulle gesta svizzere.
Non considerando alla vigilia le outsiders, so bene su cosa è ricaduta nuovamente la mia scelta: sulla mia Italia, quella di Lorenzo Insigne. La sua convocazione è stata la vittoria di una città, di una squadra, di un ragazzo unico nel suo genere ma semplice ed umile come tanti, che ha inseguito un sogno, aggrappandosi con le unghie e con i denti. Il destino gli ha dato ragione, insieme ad una grande chance per il suo futuro. Ma non è solo la Nazionale di Lorenzinho: è la squadra di Ciro Immobile, capocannoniere della nostra serie A che è scappato in Germania pur di esplodere e trovare lo spazio che merita in una big, di Perin, nuovo talento sfornato dal nostro calcio, della favola di Darmian, della classe di Verratti, della grinta e della qualità di Alessio Cerci. Peccato per Maggio: tifo anche per lui, perché possa restare a Napoli.
Il mio cuore quindi, sarà diviso: un pezzetto in ogni Nazionale che tra le propria fila vedrà un giocatore del Napoli ma, al contrario di quanto ho detto qualche settimana fa, la Nazionale italiana la sento un po’ più mia: vai Lorenzo, porta ancora più in alto il nome di Partenope nel Mondo.
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