Non sarà una delle più antiche società calcistica, ma il Napoli può annoverare una storia pregressa costruita su leggende e racconti che si intrecciano fino ai primi trent’anni circa del secolo, quando prenderà vita la società definitiva, l’Associazione Sportiva Napoli, ribattezzata poi Società Sportiva Calcio Napoli nel 1964. Gli albori del Novecento napoletano videro tra i primi pionieri del calcio in città gli inglesi impiegati negli uffici marittimi del porto di Napoli, uno su tutti, tale William Poths, dipendente della Cunard Line, agenzia con sede proprio nei pressi di Via Marina a Napoli, con spiccate propensioni dirigenziali, ma non disdegnava il ruolo di calciatore all’occorrenza, essendo già impegnato come player dilettantistico. Le ovvie vicissitudini spinsero Poths a coinvolgere nel progetto l’amico Emilio Anatra, un ingegnere guarda caso affascinato da quel giuoco che in mezza Europa già impazzava dopo che dalla terra di Albione gli echi delle sfere di cuoio era divenuto più forte dei venti di guerra, allorché i due si rimboccarono le maniche e organizzarono una prima riunione generale per istituire il comitato che darà vita alla neonata Naples Foot-Ball & Cricket Club, in cui si narra presero parte in via San Severino 43, presso la pizzeria di Guglielmo Matacena, oltre a Poths, il connazionale Mr. Bayon e i napoletani Conforti, Salsi e Catterina. Diversi incontri, tra la fine del 1904 e l’inizio del 1905, si svolsero in Piazza Latilla 6, alla Pignasecca (oggi Piazza D’Ovidio), dove era solito recarsi un altro socio fondatore, l’ingegnere Ernesto Bruschini.
Un certo Amedeo Salsi fu investito con la carica di presidente della neonata associazione, nonché primo in assoluto ad abbracciare una carica così prestigiosa per il glorioso cammino dei colori partenopei nel gioco più bello e seguito del mondo, lo stesso personaggio sulle ali dell’entusiasmo inaugurò la Coppa Salsi a cui prese parte la prima compagine cittadina della storia napoletana, che all’epoca recitava così: Kock, Garozzo, Del Pezzo, Little, lo svizzero Hasso Steinegger, Marin, Scarfoglio, McPherson, Chaudorir, Potts, Ostermann. La maglia ufficiale era a strisce verticali celesti e azzurre, per ricordare i natali di una squadra nata tra il cielo (celeste) ed il mare (azzurro) in un idillo che negli anni non perderà di certo l’enfasi nel rappresentare i colori cittadini. Il primo incontro in assoluto fu disputato contro i marinai-giocatori della nave Arabik che pochi giorni prima avevano battuto a Genova la blasonata squadra del Genoa per 3-0: il Naples si impose per 3-2 con le reti di Mc Pherson, Scarfoglio e Chaudorir. Dai primi mesi trascorsi presso il circolo canottieri, si susseguono una serie di cambiamenti di sede, immagine e anche sotto l’aspetto nominale, infatti si decide di abbandonare la dicitura “Cricket“, diventando più semplicemente Naples Foot-Ball Club, che adottò come terreno di gioco il “Campo di Marte” in zona Capodichino dove ora c’è l’aeroporto e successivamente il “Mandracchio” in via Cristoforo Colombo nei pressi del porto. Il problema campo resterà fino al periodo postumo alla guerra, quando si rese necessario l’utilizzo del campo dell’Ilva di Bagnoli, reso quasi impraticabile per l’eccessivo utilizzo a quei tempi (vi giocava anche l’Internazionale e la Pro Napoli), società che non vedranno mai gli albori di una maturazione di livello che potesse portare risultati quantomeno accettabili, essendo sistematicamente battute appena varcata la soglia regionale, ma i tempi richiedevano un periodo di smussamento che sarebbe dovuto necessariamente passare per tentativi.
Il primo vero campo è quello di via Campegna, proprio alle spalle dell’attuale stazione di “Campi Flegrei”, non distante dal San Paolo a Fuorigrotta, che definire “campo di gioco” era quasi un eufemismo, più corretto ricordare che si trattava di una distesa di terreno alquanto instabile e polveroso dove un gruppo di “stoici giuocatori” rincorrevano una sfera rotolante in calzoncini e atteggiamenti rudi e spesso sgraziati che inducevano il pubblico pagante, all’epoca mezza lira, tra cui figuravano marchesi, contesse, duchi e veri e propri bellimbusti e “gagà” della Napoli bene a sorridere nell’osservare quella assurda corsa a chi conquistava la palla ,non mancavano di certo gli scugnizzi dei vicoli, scaltri e malandrini, sistemati su postazioni di fortuna create con astuzia pur di evitare di pagare il biglietto, spesso muretti e rilievi del campo di gioco, tutt’altro che esclusivo per i soli paganti. Negli anni successivi comparvero le prime “rivali” cittadine, tra cui ricordiamo la “costola” del Naples FBC, Nel 1911-12 la componente napoletana si distaccò da quella inglese dando vita all’Unione Sportiva Internazionale Napoli. Il 17 marzo 1912 si disputò un eliminatoria campana tra Naples e Internazionale di Napoli per decidere chi avrebbe affrontato il Palermo nella Finale di Coppa Lipton e prevalse il Naples (3-1) che però nell’atto decisivo incassò sei reti (a zero) dal Palermo, perdendo l’occasione di conquistare l’ambito trofeo, nato qualche anno prima e conquistato due volte proprio ai danni dei siciliani palermitani.
Il calcio proseguiva il suo percorso e venne approvato un piano di riforma dei campionati che tra le varie novità prevedeva l’ammissione, per la prima volta, al campionato di Prima Categoria (allora la massima serie) delle squadre del centro-sud. Le due squadre partenopee si affrontarono dunque in uno scontro fratricida nel Campionato Campano di Prima Categoria, alla fine fu il Naples a uscirne vincitore grazie a due vittorie per 2-1 e 3-2. Simpatici aneddoti arrivano dai protagonisti in campo, gli ultimi testimoni in vita infatti narrarono che uno dei due portieri era solito portarsi una sedie per riporta dietro alla propria porta, utilizzata poi quando l’azione di gioco era lontana e non c’erano particolari pericoli, per riposare e non restare inutilmente in piedi…
Nella Finale centro-sud, il Naples fu eliminato dalla Lazio. Nella stagione successiva l’Internazionale si prese la rivincita eliminando il Naples sempre nella semifinale centro-sud prima di perdere la finale centro-sud contro la Lazio. Le due squadre si affrontarono ancora una volta nelle semifinali centrosud nel 1915, ma dopo la gara d’andata (vinta dall’ Internazionale 3-0), il torneo venne sospeso a causa dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale. Nel 1919, dopo i postumi assai complicati consequenziali ad una guerra di proporzioni globali, il campionato di calcio prende il via inglobando sempre più squadre, da nord a sud, e anche le compagini campane aumentarono considerevolmente, basti pensare all’ammissione al torneo di Puteolana, Savoia, Bagnolese ecc.., oltre che del Naples e dell’Internazionale (che ben presto diverrà FBC Internaples a seguito della fusione proprio con il Naples, anno 1922). Il primo grosso, pesante mattone della storia è stato posto senza che diatribe e aneddoti polemici non intervenissero a rendere tutt’altro che semplice la nascita del club definitivo che la città abbraccerà come simbolo di una popolazione. Ma questa è la storia, che piaccia o no, attraverso l’intuizione di un appassionato calciatore-marinaio inglese oggi possiamo riconoscere le sembianze della società che rappresenta nel mondo Napoli e la napoletanità, attraverso una maglia, i suoi colori, lo spirito sanguigno e passionale di una stirpe nata per soffrire ma anche per gioire di quei pochi momenti di gloria, che sebbene siano pochi forse vengono per questo maggiormente apprezzati
Segue una immagine relativa all’inaugurazione del campo del Poligono di Tiro ad Agnano nel 1913, dove la marchesa di Padula con in mano un fascio di fiori si prepara a rendere omaggio ai “players” che s’apprestavano a scendere sul nuovo terreno di gioco, prima però il famigerato “varo inaugurale” come di consueto, con la classica bottiglia di spumante pronta per essere infranta su di uno dei pali della porta. Passa il tempo ma le abitudini restano uguali…