15 agosto 2013, allo stadio Olimpico di Roma si disputa una prestigiosa amichevole estiva. Si fronteggiano Italia e Argentina, ad imporsi è la Seleccìon per due reti ad una, Insigne e Higuain mattatori della serata con due perle di rara bellezza, ma per un giocatore su tutti quella partita ha rappresentato un vero e proprio bivio: Federico Fernandez.
Rinascita -Proprio quella sfida ha rappresentato il punto di partenza del nuovo corso di Fernandez in azzurro. Reduce da sei mesi molto positivi al Getafe, continuamente additato tra i probabili partenti, scottato da una gestione non proprio accorta di Walter Mazzarri, proprio grazie all’ottima prestazione contro l’Italia di Prandelli il centrale argentino è riuscito a strappare una nuova chance da giocarsi con tutte le fiches a disposizione. Del resto il diktat del suo entourage era stato chiaro, nella stagione dei Mondiali non sarebbe stata accettabile una stagione ai margini, secca la risposta del presidente Aurelio De Laurentiis: “Fernandez è il titolare della Nazionale argentina, resta a Napoli”, il tutto con il placet di Rafa Benitez e la soddisfazione di Riccardo Bigon, che sul ragazzo classe ’89 aveva puntato, e molto, prelevandolo dalle fila dell’Estudiantes. Un inizio in sordina, alle spalle di Britos, ma dall’esordio contro il Sassuolo Fefè ha dimostrato di potersi ritagliare un ruolo di primo piano nel progetto azzurro, non mollando più il posto al fianco di Raul Albiol, con buona pace del collega uruguaiano. Il resto è cronaca, un’annata e che definire positiva sarebbe riduttivo, tutta personalità, concentrazione e prestazioni impeccabili, centrando record e alzando un titolo. Un miglioramento progressivo, costante che ha ripagato il difensore dei bocconi amari ingurgitati a fatica in passato, una crescita che ne ha fatto un vero e proprio leader del reparto difensivo azzurro. Il lavoro svolto da Benitez con Fernandez è stato encomiabile, prima sulla testa e poi limandone le sue, già palesi, qualità. Proprio la fiducia è stata l’arma in più, la chiave di volta in questa metamorfosi.
In albiceleste – Come coronare un’annata simile, la stagione della sua definitiva consacrazione, se non con il suo primo Mondiale. Non un Mondiale qualsiasi, in terra brasiliana, dove trionfare rappresenterebbe scrivere pagine indimenticabili di storia calcistica. Fernandez ha esordito contro la Bosnia, nella prima sfida del gruppo F, proprio come aveva chiuso la stagione partenopea, sicurezza, pochi affanni, una vera e propria garanzia. L’approccio è stato particolare, al centro della difesa in un 5-3-2 di mazzarriana memoria, un modello tattico al quale Il Flaco era stato definito poco adatto con troppa superficialità, nella seconda frazione Sabella è tornato su suoi passi tornando ad una canonica difesa a 4, ma il difensore azzurro si è dimostrato impeccabile per tutti i 90 minuti di gioco dimostrando che la sua crescita esula da una mera questione di numeri, va ben oltre, chiedere conferma ad Edin Dzeko, non un avversario tra i più teneri. Una competizione iniziata sotto i migliori auspici, da disputare al massimo prima di rituffarsi nell’esperienza partenopea. In azzurro è appena approdato Kalidou Koulibaly, non appena Britos sarà ceduto non è escluso un ulteriore innesto, ma poco importa, Fernandez ha dimostrato pienamente di poter ambire, sempre e comunque, ad un ruolo da assoluto protagonista.
Edoardo Brancaccio
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