Napoli, ecco le pagelle Mondiali: bene Mertens e Zuniga, male i due argentini

Il Napoli al Mondiale è una cartolina per il futuro, con gran bella veduta. In dodici vestiti (d’azzurro partenopeo): qualcuno resterà, qualcuno partirà, però resta tutto, un’esperienza, un modo di essere, il made in Naples in Brasile.

ALBIOL 6

Assaggia il Brasile quando ormai la Spagna si è liquefatta, almeno porta a casa l’unica soddisfazione iberica e può arricchire il proprio curriculum, di suo già ben fornito. E’ un premio alla carriera, perché un Mondiale è (comunque) un’emozione, e consente di ripartire in allegria, nonostante tutto.

BEHRAMI 6,5

Lascia un’impronta, con una prestazione mostruosa contro l’Argentina. Però prima sono più ombre che luci e persino un errore decisivo nella disfatta con la Francia. Ma fa quel che sa, e lo fa poi bene, si rilancia anche in chiave-mercato e comunque conferma che aveva il Brasile in testa da un bel po’ e se l’è meritato.

DZEMAILI 6,5

La foto dell’anno è la sua: quel volto segnato dalla tristezza, quasi dal dolore, certo dalla sofferenza. Gli vengono concessi scampoli e li utilizza con immediatezza: il destino non è con lui, il suo palo resta conficcato nella Storia della Svizzera, avrebbe meritato ben altro.

FERNANDEZ 5,5

Tracce di sé sono evidenti però pare soffrire la tensione, eppure non è da lui. Comincia con la difesa a tre, ritrova quella a quattro, viene ritenuto un intoccabile dal Ct e ciò gli serve per quell’autostima che già il Napoli ha provveduto a rimpolpare attraverso la cura-Benitez. Ma queste manifestazioni sono utilissime per migliorarsi.

GHOULAM 6,5

Ad un certo punto scopre la panchina ed è una sorpresa, perché sostanzialmente dà un contributo serio, tanto in fase difensiva che in quella propulsiva. L’ottavo di finale con la Germania è rimarchevole, conferma d’avere lettura dei movimenti, di saper stare in linea con giudizio, va disperatamente a chiudere con una diagonale su errori altrui e comunque sottolinea di rappresentare una certezza.

HENRIQUE sv

Il ventitreesimo del Brasile, ma con orgoglio. Osserva e studia, sta nelle retrovie: non doveva esserci e la convocazione rappresenta un bel premio per ciò che ha fatto a Napoli, dove torna più forte.

HIGUAIN 5,5

Ops, quello non è il pipita. E’ vero: Messi catalizza l’attenzione generale e la costruzione della fase offensiva non sembra ricca di strumenti tattici. Ci si serve, insomma, del talento dei singoli. Che però Higuain non riesce a trovare e che va a tentar di rimediare in questa giornata della verità contro il Belgio. Ma la classe è indiscutibile, resta un top della categoria, anche se all’asciutto.

INLER 6,5

Cresce alla distanza e rappresenta una sorta di totem della sua Svizzera: sente la fiducia del Ct, diventa comunque il punto di riferimento della manovra, ha determinazione, ha carattere, si assume le proprie responsabilità, qualche palleggio in uscita con sufficienza costituisce una macchiolina ma stupisce Del Piero (in versione commentatore), che ne sottolinea l’utilità assoluta. Mica poco, se ci riflettete.

MERTENS 7

La stellina belga è lui, quasi quasi. Come sempre, spacca le partite: e non gliene frega nulla ritrovarsi tra la riserve, quando comincia la festa. Poi entra e procede come sa: ci mette il piede, ci mette il coraggio, ci mette il talento che abbonda. Ha una marcia in più rispetto alla compagnia, fa stropicciare gli occhi.

REINA 6

Incolpevole, in tutti i sensi. Però una presenza al mondiale è gratificazione allo stato puro ed è anche una medaglia per quella carriera, per quel carattere. Il Casillas precedente avrà fatto venire magari qualche rimpianto a Del Bosque, ma ormai era già troppo tardi.

ZUNIGA 7

Come non lo vedevate da almeno un anno. Il riposo gli ha giovato, ha avuto modo di riprendersi per bene, di ritrovarsi, e sulla corsia di destra fa la sua splendida figura. E’ un acquisto di livello internazionale per il Napoli, che non se lo è goduto per niente nell’ultima disgraziata stagione. E’ tornato, insomma.

INSIGNE 5

L’azzurro tenebra di Lorenzo è in un Mondiale che dura tre partite e personalmente (e complessivamente) poco più di mezz’ora spenta, attraversata senza riuscire praticamente ad essere quel che in genere è lo scugnizzo del gol, sopraffatto dal punto di vista fisico e forse atletico, in una situazione che non gli giova. Non è una questione di modulo, forse stavolta sono le condizioni ambientali che lo privano degli spunti altrimenti suoi: però rientra nel contesto generale d’una spedizione che, finendo sin dalla prima fase, non può essere ricordata a lungo. Non per l’Italia, non per lui. Ora c’è il Napoli, per ripartire e tornare a sorridere.

Fonte: Corriere dello sport

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