Come ogni settimana ci tocca fare, anche questa volta prima di sciorinare storie e leggende dall’antico libro della storia azzurra, ci tocca spolverare per bene le pagine relative ai primi anni trenta, durante i quali si formava e veniva su con successo uno dei primi Napoli d’assalto, capace di conquistare due terzi posti consecutivi tra il ’33 ed il ’35, anni in cui la porta azzurra veniva difesa da Giuseppe Cavanna, ex portiere della Pro Vercelli, scartato e umiliato per una delle vicende più amare che un portiere possa subire in carriera, un periodo disastroso fatto di papere ed errori colossali. Il pubblico lo condannò senza attenuanti e, a ruota, anche la società decise di venderlo al primo offerente: il Cavanna passò quindi al Napoli. All’epoca, nelle giovanili della Pro Vercelli si faceva le ossa un giovane tigrotto dalle doti innate di bomber d’area di rigore, un ragazzino che avrebbe fatto strada, parliamo della leggenda Silvio Piola, come noto nipote di Cavanna.
Il nipote, nel suo piccolo aveva sempre cercato di difenderlo e provò una grande amarezza nel vedere zio Peppino osteggiato e messo alla gogna in così poco tempo. I due, in passato, scherzavano sempre e Silvio aveva scommesso che un giorno sarebbe diventato il centravanti della prima squadra e gli avrebbe fatto tanti gol in allenamento: voleva diventare il migliore, quasi come se si sentisse un predestinato, l’uomo dei record che tutt’oggi restano ancora imbattuti. Erano i tempi in cui il piccolo Silvio, dopo gli allenamenti con le giovanili, si sedeva sulle tribunette del campo d’allenamento per osservare lo zio parare e cimentarsi in tuffi da felino, e nonostante il ruolo inducesse ad evitarli, i gol, piuttosto che a farli, cercò di assorbire quante più movenze e dinamiche da un professionista come lo era Zio Peppino.
Dopo la cessione al Napoli sembrava aver smarrito quella voglia che lo induceva a non fermarsi mai quando, in squadra, militava Cavanna, forse perché un giorno avrebbe voluto giocarci assieme, ma la sorte volle che avvenisse il contrario. Le parole di Piola, quando era ancora in vita, narrano meglio di chiunque altro l’episodio singolare: “Il rapporto di parentela era molto stretto. Cavanna era fratello di mia madre. Giocò sei volte in Nazionale B e fu anche convocato da Pozzo per i mondiali del 1934, come riserva del famoso Combi. Io me lo trovai di fronte quando esordii nella Pro Vercelli, e lui giocava nel Napoli. Ricordo che nella prima partita del girone d’andata nel campionato 1930-31 a Napoli fummo battuti per uno a zero con un gol di Sallustro, ma la squadra azzurra finì la partita in dieci uomini perché nel parare un mio forte tiro, in tuffo, Cavanna si fratturò la clavicola (rimase fuori squadra per undici partite sostituito da Marietti). Nel girone di ritorno ci prendemmo la rivincita e su sei gol che la Pro Vercelli segnò quel giorno a Cavanna (6-3), tre furono proprio miei. Se la prima volta avevo involontariamente ferito mio zio, la seconda lo colsi nel morale e nell’amor proprio. Dopo il sesto gol fui io stesso a raccogliere il pallone nella rete, dicendogli ironicamente: “Lascia fare a me, zio, che ormai sei stanco…”. Mi perdonò questo affronto soltanto quando dedicai a lui i gol del mio esordio internazionale al Prater di Vienna“.
151 gare con la maglia del Napoli, fu il primo calciatore azzurro a diventare campione del mondo (nonostante non debutterà mai in nazionale, anche perché all’epoca il leggendario Combi, allora anche capitano della nazionale di Pozzo vittoriosa ai mondiali del ’34, era considerato pedina inamovibile). I tifosi azzurri lo ribattezzarono “il giaguaro“, e lo stesso Cavanna riuscì a riconquistare fiducia nei propri mezzi sfoderando prestazioni da grande numero uno che gli valsero, come detto, la convocazione in nazionale e la possibilità di alzare l’ambita coppa Rimet. Quando Zio Peppino lascio Vercelli, si scatenò in Piola una voglia matta di dimostrare che la famiglia aveva in squadra soltanto fenomeni, e che gli errori dello zio erano stati soltanto episodi. Ecco, oltre a divenire campione mondiale, Cavanna potrà accollarsi un altro merito, quello di essere stato lo sprono per suo nipote Silvio, ancora oggi il prototipo dell’attaccante completo.
(nell’ultima foto in basso, il trio delle meraviglie, la corazzata difensiva del Napoli di Garbutt, Vincenzi, Cavanna ed Innocenti)