Nel calcio esistono istanti lunghi un’eternità, momenti che rappresentano quelle sliding doors capaci di regalarti destini diametralmente opposti. La porta aperta da Lorenzo Insigne al 6′ di gioco, ciccando clamorosamente a tu per tu con il portiere basco su assist illuminante di Jorginho è quella dell’oblio calcistico, dello sconforto, dell’amaro in bocca. L’amaro in bocca di Napoli-Athletic Bilbao 1-1, un risultato che impone agli azzurri un ritorno infuocato nella bolgia del San Mamès, un catino che, ne siamo certi, renderà la vita un inferno agli atleti azzurri, molto più di quanto il pubblico del San Paolo abbia fatto con i biancorossi di Valverde, ma ci torneremo.
Colpito al cuore – Quel pallone sprecato ha scritto con largo anticipo il copione della partita di Insigne, purtroppo il peggiore in campo della sfida. Un errore che ha gravato come un macigno sul folletto di Frattamaggiore, che non è riuscito più minimamente a incidere. Nervoso, impreciso, ossessionato dalla voglia di riscatto, Lorenzo si è ritrovato in delle vere e proprie sabbie mobili dalle quali non è riuscito ad emergere, fino all’apnea. Ora di gioco, Benitez come da copione inserisce Dries Mertens per un Insigne in affanno, che a mano a mano vede mancare il respiro seppellito da una bordata inqualificabile di fischi, aumentando a dismusira il fardello di un atleta già stremato per non essere riuscito a dare quanto poteva e voleva. Un atteggiamento ingiusto, che troppo spesso è ormai divenuta prassi in quel di Fuorigrotta e che vale al pubblico l’eccezionale palma di peggiore ex aequo.
Uomo in meno – Rafa Benitez l’aveva chiesto espressamente: “Sostenere fino alla fine senza fischiare eventuali errori”. Messaggi chiarissimi di un uomo di calcio, di un personaggio che traspare cultura calcistica da ogni poro. Messaggio però non recepito dal pubblico azzurro, che proprio stasera non è riuscito ad essere il fatidico dodicesimo uomo, l’arma in più che ha guidato il Napoli in tante battaglie nel corso della sua storia. Un San Paolo scottato forse dal clima che aleggia in città, dall’insoddisfazione latente che attanaglia per un mercato ad oggi non ritenuto all’altezza, non esaltante. Motivazioni accettabili, che fanno parte del gioco, ma che andavano lasciate fuori in questi 90 minuti in cui il Napoli si è giocato una grossa fetta di quest’annata. I fischi ad Insigne rappresentano l’emblema di questa serata no, l’ennesima frizione con un figlio di Napoli che va criticato in maniera costruttiva, ma di certo non seppellito per degli errori nei quali sono incappati anche altri calciatori in una contesa di certo non fortunata per gli azzurri. Una cattiva abitudine che va scacciata, affinché il pubblico del San Paolo torni definitivamente ad essere quello di un tempo, quel tempio del calcio che a volte riusciva a spingere il pallone in rete.
Tra 8 giorni c’è la sfida di ritorno, una partita che già a fine agosto vale metà stagione, il Napoli ha bisogno di un ambiente compatto e unito verso quella che dovrà essere una partita epica.
Edoardo Brancaccio
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