Dopo la piega vacanziera, ritorno di fiamma per la nostra consueta rubrica “Qui fu Napoli” che fa capolino nel passato della società azzurra per riportare in auge vicende, aneddoti, particolari di un tempo che fu. La “fiamma” per così dire, è dovuta ad un ricordo non troppo lontano che ha visto, meno di un decennio fa, arrivare a Napoli un calciatore semisconosciuto ai più, ma che veniva annunciato come un papabile funambolo capace di infervorare la platea del San Paolo, tutti avranno ancora residui di memoria relativi ai fatti che anticiparono e posticiparono l’arrivo in maglia azzurra di Ezequiel Lavezzi, detto “pocho“, il fulmine (anche se poi il soprannome ebbe a che fare col nomignolo dato al suo cane, rendendo il tutto molto più “umano” ndr), per quella sua caratteristica di bruciare i propri avversari con uno scatto felino e dribbling ubriacanti, marchi di fabbrica che lo accomuna con il grande Diego, le cui movenze e tratti somatici lontanamente lo ricordano.
Era il 6 Luglio del 2007 quando De Laurentiis, che ha da pochi mesi riportato in Serie A la squadra, si regala un gioiello che non a tutti aveva entusiasmato dopo il suo annuncio, essendo un calciatore a detta di molti discontinuo, legato ad un calcio ancora troppo lontano da quello europeo, insomma l’ingaggio del giovane argentino sembrava destare più ombre che luci. I primi allenamenti, in effetti, mettono in mostra lacune di base e retaggi tecnico-tattici che rendono l’allora tecnico Reja titubante, in controtendenza alla sua iniziale consenso nell’appoggiare l’arrivo di Lavezzi, ovviamente anche la pubblica opinione ci mise del suo, additando l’argentino come ipotetico “bidone” o più semplicemente un calciatore che non in grado di fornire certezze in un campionato che si presenta difficile ed estenuante, soprattutto per la necessità primaria di confermare subito la permanenza in Serie A. Si diceva, in un eccesso di negativismo, del quale molti tifosi sembrano spesso soffrire, che avesse la “pancetta” e che la sua forma fisica era altamente scadente, in controtendenza a quanto il Napoli necessitasse ai margine della nuova stagione che stava per aprirsi.
Nelle settimane successive Reja fu il primo a ricredersi, verificando con mano i progressi dell’argentino, confermati sul campo durante una gara di coppa Italia contro il Pisa, dove Lavezzi ne fa tre, dopo essere subentrato dalla panchina, regalando una ventata di sano ottimismo, confermato qualche domenica più tardi, quando lo stesso “pocho” inebriò la sontuosa vittoria del Napoli ad Udine mettendo a segno il primo dei cinque gol azzurri. Da lì in poi la cavalcata del calciatore avrà i tratti di una storia d’amore più che di una calcistica e nulla più, riuscendo a convincere anche colori i quali erano pronti ad aggradire le scelte di un Pierpaolo Marino, figura dirigenziale di alto spessore, nonché abile conoscitore dell’ambiente napoletano da più di vent’anni, una sorta di “guru” della storia partenopea recente, a cui va il merito di aver scovato anche Hamsik, Gargano (entrambi arrivati all’unisono) e qualche altro bel colpo di cui tanto se ne sente la mancanza.
Parlavamo di “fiamma” eccola, servita su di un piatto d’argento, il fuoco che è oggi più sofferenza che adrenalina, una sofferenza dovuta alla mancanza di un colpo “alla Lavezzi”, che in questo mercato sembra latitare, nonostante le ultime ore lascino aperti spiragli di una volontà divenuta quasi necessità, perché quando Lavezzi arrivò in azzurro nessuno potrà dimenticare quanto fece sognare, nonostante gli scetticismi che a Napoli, si sa, spuntano fuori con estrema facilità, in un contesto che mantiene però quell’effetto magico in grado di far alzare gli occhi al cielo e sospirare al pensiero di vittorie, grandi imprese, nuova storia scritta negli almanacchi del calcio internazionale. Che sia un nuovo, sconosciuto, discusso “signor nessuno” colui capace di infiammare nuovamente la passione dei tifosi? Chissà se gli ultimi scampoli di mercato ci daranno ragione o ci smentiranno….
Ecco i primi “vagiti” del leone, la tripletta di Coppa ai danni del Pisa: